mercoledì 20 febbraio 2013

Notte e Nebbia del Giappone

(Nihon no yoru to kiri)

di Nagisa Oshima

con: Miyuki Kuwano, Fumio Watanabe, Masahiko Tsugawa, Hiroshi Akutagawa, Kei Satô.

Giappone (1960)

 












Il '68, le proteste degli studenti e degli operai e tutto ciò che hanno comportato, sono da sempre un terreno fertile per il cinema europeo; In Giappone, dove le proteste studentesche iniziarono già dalla metà degli anni'50, l'argomento è stato più volte portato in scena nel corso degli anni; tuttavia, solo Oshima Nagisa è riuscito a darne un quadro fortemente contestatorio e al contempo completo e chiaro anche per lo spettatore occidentale.


Uscito in contemporanea a "Il Cimitero del Sole" e al capolavoro "Racconto Crudele della Giovinezza", "Notte e Nebbia del Giappone" è il film più politico e, al contempo, più cinico di Nagisa, con cui il grande autore nipponico realizza un feroce ritratto della politica extraparlamentare di estrema sinistra dell'epoca.
Il regista, da sempre militante nei movimenti studenteschi, arriva, dopo anni di attività, ad una conclusione definitiva: la rivoluzione chiamata a gran voce negli anni'50 non è mai avvenuta, nè avverrà mai; questo perchè i militanti dei movimenti rivoluzionari e pararivoluzionari altri non erano che degli scapestrati buoni a nulli che nel corso degli anni sono stati ossorbiti e ammaesstrati da quella classe borghese che inizialmente tanto contestavano; tutti i personaggi del film rappresentano un modello di rivoluzionario dell'epoca: dai più accaniti ai meno convinti, fino a quelli più distaccati, categoria cui apparteneva lo stesso regista, il quale, quindi, arriva a contestare anche il suo modo di porsi verso l'argomento; il fallimento del movmento rivoluzionario va cercato, oltre che nella mancanza di organizzazione, anche in altri fattori; primo fra tutti la dipendenza dello stesso dalla classe che voleva abolire: più volte si vedono gli pseudo contestatori prendere ordini da professori o comunque da figure autoritarie che in teoria dovrebbero ostracizzare; inoltre le loro teorie si limitano solo ad una folle pars destruens: distruggere il sistema per distruggere il sistema, senza avere idee effettive su come cambiare i valori che andrebbero così persi. In pratica, quello che in Occidente assumerà le forme del sessantottismo viene demolito da Nagisa fin dalle fondamenta.



L'iconoclastia politica diviene in mano all'autore anche perfetto controaltare per la sperimentazione stilistica: il film comincia in medias res durante una festa di matrimonio, con i protagonisti alle soglie dell'età adulta, per strutturarsi poi con una serie di flashback; nelle parti ambientate durante gli anni di militanza, Nagisa usa di nuovo la camera a mano per seguire i personaggi, mentre la parte del matrimonio viene messa in scena con una serie di piani sequenza, spezzati di volta in volta, i quali culminano in una serie di immagini decontestualizzate (fondo nero e luci flash) per introdurre i singoli flashback; il risultato è affascinante ed elegante: alla staticità del passato, l'autore preferisce ancora un forte dinamismo che, questa volta, si fa più elegante e meno schiettamente provocatorio.
Il risultato è, quindi, una pellicola affascinante e, sopratutto, importante: le accuse che l'autore muoveva più di cinquant'anni fa alla politica sono drammaticamente attuali e la sua riflessione distruttiva ha anticipato di ben sette anni quella (altrettanto attuale) di Jean-Luc Godard de "La Cinese", altro grande capolavoro della Nouvelle Vague.

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