martedì 5 marzo 2013

Girls against Boys

di Austin Chick

con Danielle Panabaker, Nicole LaLiberte, Liam Aiken, Michael Stahl-David.

Drammatico 

Usa (2012)










 






La violenza sulle donne è un tema, purtroppo, sempre attuale; ogni giorno si assiste alla cronaca dell'ennesimo caso di omicidio, di stupro o anche di semplice maltrattamento di donne o ragazze inermi da parte dei loro compagni; la riduzione a mero oggetto della figura femminile, attuata nel nostro paese negli ultimi 30 anni dalla televisione, rende ancora più drammatica la percezione da parte dello spettatore di notizie del genere; qual'è dunque il miglior modo per rappresentare una situazione simile senza scadere nel patetico o nel retorico? La risposta meno ovvia è, qui, anche la più azzeccata: il genere, in particolare il filone del "rape and revenge" che, fin dai tempi del mitico "L'Ultima Casa a Sinistra" (riuscitissimo remake del bergmaniano "La Fontana della Vergine" diretto da Wes Craven nel 1972), non smette di essere usato come metafora di una società impazzita che genera il male e dallo stesso male viene punita; un'idea del genere, nelle mani di un autore capace e coraggioso, avrebbe potuto generare una pellicola potente e graffiante; peccato che Austin Chick (e speriamo che non sia un nome d'arte) non ha nè coraggio, né intelligenza: "Girls against Boys" è una pellicola del tutto malriuscita e finanche autocompiaciuta.



La trama in sé è ovvia e stereotipata: Shae (la bella Danielle Panabaker) è una studentessa bella e intelligente, la cui vita viene rovinata da una serie di relazioni malriuscite: piantata dell'amante 35nne, decide di sfogarsi, ma finisce violentata all'indomani della separazione; accompagnata dall'amica Lulu (Nicole LaLiberte) decide di denunciare il fatto alle autorità, ma la polizia non mostra interesse verso il caso (e quando mai); le due amiche decidono così di vendicarsi degli uomini ammazzandoli senza appello.


Un assunto di base, quello del film, chiaro e conciso: la donna, da sempre succube del maschio, decide di vendicarsi riversando tutta la violenza subita contro chi l'ha imposta originariamente; lo svolgimento, però, è traballante: il susseguirsi di sventure capitate alla povera protagonista risulta più ridicolo che drammatico a causa della tempistica: nell'arco di meno di 24 ore viene piantata dall'amante che ritorna con la moglie e che le confessa di avere un figlio di 3 anni, viene violentata da un ragazzetto, ignorata dalla polizia, insidiata da un rude polizziotto e picchiata dall'ex amante; davvero troppo tutto insieme per risultare credibile.


La caratterizzazione dei personaggi, poi, è sciatta e manichea: Shae resta sempre l'elemento debole del duo, Lulu quello forte; le due dovrebbero simboleggiare i due lati della personalità femminile, e di fatto Lulu altro non è che una sorta di lato oscuro della prima; peccato però che questo ci sia mostrato già nella prima scena, disinnescando il potenziale colpo di scena alla base ed appiattendo il significato simbolico dato al personaggio; come se questo non bastasse, Chick (che con un nome del genere non dovrebbe nemmeno sognare di fare la morale su come le donne siano viste come meri oggetti sessuali) sembra essere perennemente indeciso su come dirigere la pellicola: troppo lenta per un film di genere, troppo violenta e simbolica per un dramma realista, del tutto non riuscito come thriller/horror poichè non vi è la minima tensione negli omicidi; è nella parte finale, tuttavia, che l'autore mostra il peggio di sé: scoperto "l'arcano" su Lulu, l'autore vorrebbe insinuare che tutto quello che è successo altro non è che un'invenzione della protagonista; peccato che non spieghi fino a che punto: la violenza che ha subito era falsa come quella che ha perpetrato? Anche lei stessa non è altro che la personificazione della sottomissione di un'altra donna? Non è dato saperlo: quel che conta è giocare con le attese del pubblico, spiazzarlo per il gusto di farlo e lanciare sterili moniti sulla violenza. 


Tanto sarebbe valso fare un onesto rape and revenge alla "Non Violentate Jennifer": lì la morale non era urlata in faccia e, per quanto si tratti di una pellicola di puro exploitation, era molto più graffiante.

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