venerdì 15 marzo 2013

Videodrome

di David Cronenberg.

con: James Woods, Deborah Harry, Sonja Smits, Jack Creley, Peter Dvorsky, Leslie Carlson, Lynne Gorman, Julie Khaner.

Horror/Cyberpunk

Canada (1983)










 






---CONTIENE SPOILER---

Poco prima di sbarcare in Usa con "La Zona Morta", David Cronenberg dirige un'ultima pellicola nel natio Canada; un ultimo exploit prima di divenire un cineasta internazionale vero e proprio, una produzione che mette in piedi con il fido Pierre David e che forte di un budget interessante gli permette di ingaggiare come protagonisti James Woods e Debbie Harry, oltre che di fregiarsi degli sfx dello studio di Rick Baker, all'epoca fresco fresco dell'Oscar per gli ottimi effetti di "Un Lupo Mannaro a Londra".
"Videodrome" non è però il classico exploit di genere con il quale il grande artista esplora le tematiche a lui care usando il registro orrorifico a fini metaforici. "Videodrome" è in tutto e per tutto la totale distruzione di ogni convenzione narrativa, una pellicola "mutante" con la quale Cronenberg va oltre gli schematismi del "genere" per affondare (nuovamente, dopo i suoi primissimi corti e medi) nel cinema d'autore più puro e duro. Ed è quello che, sino ad oggi, potrebbe essere considerato come il suo capolavoro, come il culmine della prima fase della sua carriera e, prima ancora, un'opera disturbantemente profetica.




"Gloria e vita alla nuova carne". Il significato di "Videodrome" è in fondo tutto qui, in questo mantra ripetuto sino agli ultimi secondi. La vecchia carne, il corpo come normalmente inteso, è superato. Il nuovo corpo è il futuro. Per comprenderne appieno la portata, occorre come sempre tenere conto del contesto in cui il film ha visto la luce.
L'anno di produzione, in tal senso, è essenziale. 1983, ossia dopo le intuizioni cyberpunk e post-umane di Philip K. Dick, ma poco prima che William Gibson codificasse definitivamente il filone con "Neuromante". "Videodrome" è nella sua essenza una pellicola cyberpunk per come profetizza un futuro già in essere, una società uguale in tutto e per tutto a quella contemporanea che ha effettuato giusto un unico passo verso uno stadio evolutivo successivo. Un'evoluzione in cui l'essere umano e la macchina sono tutt'uno, come in "Scanners", ma più che come in "Scanners".




Il cyberspazio cronenberghiano è però di natura televisiva, con il video che prende il posto dei calcolatori e l'etere quello delle autostrade informatiche. La televisione è la prima forma di tecnologia invasiva ad aver "infettato" l'essere umano e nei primi anni '80 c'era giusto una generazione a poter testimoniare un'esistenza dipendente dalla stessa. E la televisione, nell'arco di 30 anni, ha già cambiato radicalmente faccia, presentando contenuti talvolta estremamente controversi.
Il "caso" è quello del magnate televisivo canadese Moses Znaimer, fondatore della reta via cavo City TV di Toronto, la quale presentava nei suoi palinsesti contenuti ultraviolenti e sessualmente espliciti per acchiappare gli spettatori facendo leva sui bassi istinti, sulla carnalità primordiale mal sopita in una società perbenista (allo stesso modo in cui Silvio Berlusconi faceva con i canali via etere nel Bel Paese); da qui l'idea di un segnale televisivo in grado di mutare chi lo percepisce e, ancora prima, l'idea del televisore come organo esterno al corpo umano.
Cronenberg è però sempre stato contrario ad ogni tipo di censura verso la violenza ed il sesso, soprattutto con il sistema "oscurantista" presente in Canada, dove, piuttosto che usare i divieti sulla base delle fasce d'età, si prediligeva mozzare le pellicole e perseguire penalmente chiunque proiettasse i segmenti tagliati. La violenza su schermo, ovviamente, non genera violenza effettiva, non induce lo spettatore adulto ad emulare i personaggi dei film, né ne risveglia i sopiti intenti violenti. Pur tuttavia, con "Videodrome", il grande autore esplora un'ipotesi inquietante: e se le immagini violente fossero davvero in grado di mutare la psiche di chi le osserva?




Da un punto di vista strutturale, "Videodrome" ricorda vagamente un thriller a tinte horror, con un protagonista, Max Renn (James Woods), assoluto punto di vista sulla vicenda; il che è anche la chiave di volta che permette a Cronenberg di scompaginare totalmente lo schematismo classico del cinema di genere per creare un percorso allucinatorio totalizzante. E laddove Renn è colui che scopre il "complotto", il vero punto nevralgico della vicenda è dato dal personaggio di Brian O'Blivion (Jack Creley), iniziatore del Videodrome e supremo deus ex machina degli eventi.
La realtà, nella filosofia cronenberghiana così come spiegata da O'Blivion, non è un entità oggettiva, ma puramente soggettiva; l'essere umano ne ha contezza, di fatto, solo attraverso i sensi, puri segnali elettrici che il cervello elabora sulla scorta delle informazioni ottenute tramite i sensi; l'alterazione dei sensi comporta quindi un'alterazione effettiva della realtà, non della mera percezione.
Nella società post-mediale, l'essere umano è abituato a percepire la realtà attraverso il filtro dei media, attraverso la rappresentazione dei fatti piuttosto che attraverso la percezione diretta dei medesimi. Il modo in cui questi vengono raccontati diviene così il modo in cui essi esistono. Con la conseguenza che la manipolazione della realtà è immediata e inevitabile; e con la conseguenza ulteriore che chi riesce a manipolare e artefare i fatti, può di fatto alterare la realtà.




Il percettore diviene così pedina di coloro i quali detengono i media. Così come Max diviene lo strumento per le due forze in gioco, ossia i fautori di Videodrome e i membri della "Chiesa Catodica". L'essere umano può così essere programmato a piacimento, usato come arma contro i relativi nemici, da cui la mutazione fisica di Max, con il torso che diventa un videoregistratore pronto a riprodurre nel suo cervello il nastro creato dai manipolatori e la mano che diventa arma inestricabile dal resto del corpo.
Il medium, il televisore in particolare, ha così la duplice funzione di organo esterno e nuovo corpo. Esso è per prima cosa organo percettivo, "occhio della mente" attraverso il quale scandagliare la realtà, o quantomeno quella forma di realtà che attraverso esso trova forma.
La percezione porta ovviamente al feedback corporale; laddove stimolata da segnali sessuali, come la pornografia softcore, la mente arriva a percepire il video come nuovo corpo: divenuto feticcio sessuale e strumento sessuale per sé, non c'è differenza tra la plastica dell'elettrodomestico e la carne di un corpo qualsiasi. Il corpo si fa quindi oggetto, l'oggetto nuovo corpo. Non più semplice voyeurismo, ma un passo oltre questo, con il filtro mediatico che diventa parte integrante dell'organismo del fruitore. Da cui la carnalità dell'elettronica, gli strumenti visti come esseri viventi pronti a congiungersi con il corpo fisico come un coito asessuato eppure indicibilmente sensuale nella sua brutalità. E se l'estetica di "Videodrome" è invecchiata nel senso che la tecnologia dell'epoca, fatta di tubi catodici, cassette betamax e calcolatori analogici, è stata ampiamente superata, a rivedere oggi quei corpi elettronici ci si accorge della loro estrema fisicità, di come quegli organi esterni all'essere umano si differenziassero da quelli interni solo per l'essere fatti di plastica e silicio, nulla più, sensazione che purtroppo nell'era del digitale è andata perduta, facendo sfumare ulteriormente la barriera tra essere di carne e informazione.




La sessualità, a sua volta, diventa concetto ambiguo e volatile. Si parte da una forma di eccitazione tipicamente eterosessuale, con il personaggio di Nicki Brand che diviene ricettacolo delle fantasie sessuali di Renn e con lui del pubblico, solo per poi scoprire come questo feticcio sessuale abbia una concezione  "deviata" del sesso, dove il piacere è inestricabilmente legato al dolore. La nuova soglia del sesso è il martirio della (vecchia) carne: non semplice masochismo, quanto volontà di distruzione fisica per risvegliare un senso sopito, che porta così all'orgasmo, in un'anticipazione di quelle tematiche che Cronenberg esplorerà in "Crash" e che Shinya Tsukamoto porrà alla base del suo "Tokyo Fist".




La nuova genesi, il "Rinascimento della Carne" ("Renn" come "Renaissance", citato anche nella presentazione della linea primaverile degli occhiali mostrata nel climax) viene orchestrata questa volta non tanto da uno scienziato, quanto da due fazioni antitetiche: la "Chiesa Catodica" (Church of the cathodic ray") e la Spactacular Optical, azienda che ufficialmente costruisce occhiali, ma che pare avere le mani in pasta un po' dappertutto.
La Chiesa Catodica è fondata da O'Blivion: torna quindi in parte la figura dello scienziato che da il via alla mutazione, ma in questo caso l'iniziatore è anche il primo avversario, essendosi pentito di ciò che ha creato. Videodrome altro non è che una visione che ha creato un tumore, un organo nuovo ed estraneo che crea a sua volta allucinazioni. Videodrome è quell'organo, un segnale video in grato di manipolare mente e corpo.
Ma la Chiesa Catodica cerca di usare il video per altri scopi: la troviamo nel mezzo di un esperimento sociale, con i reietti che vengono "curati" tramite dosi di televisione; non essendo esposti alle immagini, queste persone non hanno conoscenza del mondo in cui vivono, da cui una forma di conoscenza che possa manipolarne le abitudini e reintegrarle nel tessuto della società.
La Spectacular Optical, d'altro canto, vuole creare una nuova umanità più forte, più violenta, al pari dei primati del dr. Hobbes di "Shivers", ma che possano essere controllati e usati come estensioni del proprio volere. Azienda che produce occhiali, ossia strumenti passivi che permettono all'utente di percepire meglio la realtà. La televisione, in tal senso, è "l'occhiale della mente", strumento che focalizza l'attenzione dello spettatore su quella realtà che si vuole e che per questo porta ad una mutazione della realtà stessa orchestrata ad hoc.




La "nuova carne" diventa così concetto ambivalente e polimorfo.
Nuova cerna è in primis quella dello spettatore televisivo (e di rifletto di colui che assiste al film), il quale percepisce i fatti mostrati come reali a prescindere dalla loro natura (al cinema, almeno per i 90 minuti di media di durata di un lungometraggio), con il medium (cine)televisivo che diventa parte integrante del corpo fisico e della mente, escrescenza tumorale in grado di dare allucinazioni, ossia di creare immagini irreali ma percepite e categorizzate dal cervello come reali, talvolta "più vere del vero".
La nuova carne è quella dell'oggetto divenuto feticcio che si fonde con la carne dello spettatore, non più e non solo organo percettivo, ma organo di piacere vero e proprio, non mera estensione, "corpo estraneo", bensì parte integrante della fisicità di chi lo adopera.
Nuova carne è l'assenza di carne, l'inesistenza fisica come transustanziazione atea della mente in un corpo di plastica e vetro. E oltre, con l'abbandono della fisicità in maniera totale, la distruzione del corpo fisico come ascesa verso un esistenza come segnale video-televisivo, sia essa vera (Brian O'Blivion, ma anche Nicky, la quale diviene presenza fantasma da metà film in poi) o anche solo presunta (quella di Max, nell'ambiguo finale, dove il suo essere può al contempo essere annientato o mutato a forma televirale).
Nuova carne è anche nuova forma filmica, racconto composto da visione che si sovrappongono, strati del reale che si confondo, con l'effetto speciale che diviene parte narrativa precisa, strumento narrativo vero e proprio, oltre che prettamente metaforico ed orpello spettacolare.




E la realtà di "Videodrome" è in tutto e per tutto la realtà odierna. E persino pleonastico sottolineare come la manipolazione percettiva sia diventata parte integrante dell'esperienza umana, trovando una forma amplificata con l'avvento di Internet,dove i concetti di "narrazione" e "post-realtà" sono oramai stati metabolizzati da larga parte dei fruitori. 
E' più che altro interessante notare come Cronenberg, attraverso il personaggio di O'Blivion, avesse previsto un altro fenomeno, forse persino più sconcertante, ossia la scissione tra l'identità effettiva e quella apparente. Se le "maschere" di pirandelliana memoria non sono mai mancate, nella società moderna il confine tra queste e il volto si è assottigliato: di fatto, ognuno ha un'identità virtuale, costituita dal modo in cui si relaziona con il prossimo nello spazio virtuale; e questa arriva a confondersi con quella effettiva, a sovrapporsi, sia quando queste coincidono, sia quando sono due entità separate. Siamo, nei fatti, due persone distinte, ossia ciò che appariamo nella realtà e ciò che appariamo nella realtà virtuale. Il semplice pseudonimo e il puro alter-ego si sono evoluti in una forma di personalità diversa, complessa ed ulteriore di quella "basilare" e il confine tra personalità effettiva e costruita talvolta è impossibile da tracciare.


Nel suo profetizzare un modo alle soglie dell'esistenza e nel creare una perfetta allucinazione della durata di 87 minuti, "Videodrome" è un film affascinante, dalle immagini sensuali, disturbanti e ipnotiche, un capolavoro che trascende i confini del cinema di genere per divenire opera d'arte totale e totalizzante.

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