martedì 9 aprile 2013

Dick Tracy

di Warren Beatty

con: Warren Beatty, Al Pacino, Madonna, Charlie Korsmo, William Forsythe, Dustin Hoffman, Glenne Headly, Paul Sorvino, Charles Durning, R.G. Armstron, James Caan.

Cinecomic/Noir

Usa (1990)
















Prima che i supereroi monopolizzassero il mercato dei comics, a farla da padrone sulle strips dei quotidiani erano i polizieschi, le storie hard-boiled di poliziotti intrepidi, criminali spietati e bellissime femmes fatale; basti pensare al personaggio di "The Shadow" o a quello di "The Spider", detective integerrimi pronti anche a sparare pur di assicurare alla giustizia il delinquente di tutto. Lo stesso Batman rappresenta in un certo senso il perfetto esempio di eroe del fumetto ante-supereroistico, impegnato com'è, sopratutto nelle sue primissime avventure, a risolvere crimini piuttosto che a sventare le macchinazioni del supercriminale di turno.
Ma il personaggio che creò questo primo, importantissimo e duraturo filone, è però un altro, un vero e proprio pezzo di cultura pop che, benchè non abbia mai goduto della fama imperitura di molti eroi in calzamaglia, rispunta ciclicamente nella cultura popolare imponendosi come maschera immortale di un genere: il "Dick Tracy" di Chester Gould.




Impermeabile e fedora giallo d'ordinanza, "Dick Tracy" esordisce sul Chicago Tribune nel 1931 riscuotendo da subito un enorme successo; merito di Gould e del suo stile: i disegni sono iperrealistici, trasfigurano le figure umane in caricature che ne accentuano i lineamenti sino ai limiti del grottesco; il design di Tracy, con una mascella talmente squadrata da sembrare un mattone, divenne subito il tratto caratteristico di ogni eroe dei fumetti; ma la vera intuizione geniale di Gould, destinata davvero a fare scuola, fu quella di contrapporre ad un eroe quadrato in tutti i sensi una galleria di villain grotteschi e genuinamente sopra le righe, i cui tratti caratteriali esagerati li rendessero immediatamente riconoscibili; nasce qui, in pratica, il luogo comune del "supercattivo" come personaggio teatrale e quasi caricaturale, che perdura tutt'oggi.
Mentre le storie ideate da Gould per i suoi personaggi sono quanto di più noir ci si potesse permettere all'epoca: con poche concessioni al fantastico (giusto il dettaglio dello "smartwatch" di Tracy),  le trame erano vicinissime al cinema noir del periodo d'oro, con tanto di violenza grafica per l'epoca inaudita.


Il successo della stip è immediato e travolgente: "Dick Tracy" è negli anni '30 sinonimo stesso di fumetto e tutti i personaggi cartacei che verranno dopo devono in qualche modo qualcosa a lui, al suo autore e al suo modo di impostare le tavole così come storie e personaggi.
Non mancano già in questo primo periodo adattamenti transmediali: un primo serial in quattro parti viene prodotto tra il 1937 ed il 1941, mentre tra il 1945 e il 1947 sono ben quattro i lungometraggi con protagonista l'infallibile detective; non manca neanche una serie televisiva, prodotta agli albori del mezzo, ossia nel 1951.
Purtroppo anche per "Dick Tracy" arriva il momento del dimenticatoio: a partire da metà degli anni '50, la fama del personaggio si appanna sino a scomparire, al pari di quella di altre icone della golden age dei comics quali Flash Gordon e Buck Rogers. Bisognerà aspettare così ben 20 anni perchè si torni a parlare dell'opera di Gould, almeno tra i corridoi di Hollywood.




E' il 1975 e Warren Beatty è una delle più grandi star della New Hollywood; pur conosciuto per l'impegno politico (basti pensare al suo capolavoro, "Reds"), Beatty ha un sogno nel cassetto di tutt'altro genere: produrre un film ad alto budget su Dick Tracy ed il suo pazzo e colorato mondo. Ma nonostante la sua forte influenza, Beatty combatterà per ben 13 anni per ottenere i diritti del fumetto, persi in un limbo giuridico; arriva così il 1988 ed il grande attore trova nella Disney una major interessata a finanziare l'ambizioso progetto; appurata l'impossibilità di far dirigere il film ad un regista di fama (Spielberg e Scorsese si tireranno indietro nonostante un primo coinvolgimento, il primo per differenze di visione rispetto a Beatty, il secondo preferendo dedicarsi alla creazione di quella pietra miliare che fu il coevo "Quei Bravi Ragazzi"), Beattry prende in mano anche il timone della regia e stila una short-list di attori per il ruolo dell'integerrimo detective: Tom Selleck, Harrison Ford, Robert De Niro, Jack Nicholson, Richard Gere, Mel Gibson, Paul Newman e Robert Redford, nessuno dei quali accetta la parte; Beatty è quindi costretto anche ad indossare i panni del protagonista e riunisce intorno a sè un cast all-star: Al Pacino, Madonna (all'epoca sua compagna), Dustin Hoffman, William Forsythe, Paul Sorvino, Charles Durning, Seymur Cassell e, in un cameo, James Caan. Il tutto per un film che strizza l'occhio sia allo sgargiante mondo dei fumetti che al noir classico, che mischia la grammatica dei due per creare un linguaggio nuovo in uno spettacolo sorprendente.



Affidandosi alla fotografia di Vittorio Storaro e ad una direzione artistica che conta Milena Canonero ai costumi ed il veterano John Caglione al make-up, Beatty compie un'operazione all'epoca senza precedenti: ricreare su schermo il look del fumetto, con i colori pulsanti e le forme grottesche dei gangster presi pari pari dalle tavole originali; nasce qui il cinecomic, ossia un'opera cinematografica che riprende in toto l'estetica del fumetto per creare un linguaggio ibrido originale. E la carica visiva di "Dick Tracy" è ancora oggi prorompente: la regia plastica di Beatty incornicia volti e corpi in inquadrature sghembe e ricercate, come nei noir classici della Warner, mentre l'estetica è quella modernissima del technicolor, che svecchia il bianco e nero in favore di cromatismi talmente vivi da bucare lo schermo, giustapposti ad una fotografia tutta basata sui tagli di luce espressivi, in una fusione perfetta tra il registro filmico e quello fumettistico. Da antologia la scelta di usare un giallo color banana per gli iconici abiti di Tracy, così come quella di bardare di bardare il villain Big Boy Caprice in abiti dai colori quasi lisergici.




Oltre l'estetica e lo stile, Beatty imbastisce una perfetta trama da poliziesco classico, costruita con gusto certosino per i personaggi ed i loro ruoli archetipici.
Tracy è, come da tradizione, uno sbirro dalla schiena dritta, buono ed incorruttibile, laddove Big Boy Caprice è un gangster volgare, che Pacino si diverte ad interpretare andando sempre sopra le righe, come un Tony Montana cartoonesco. I due ruoli femminili sono anch'essi archetipici: da un lato la Tess Trueheart di Glenne Headly, l'eterna fidanzata dal cuore buono (appunto), fedele e quasi sottomessa al maschio alfa; dall'alto la Breathless Mahoney incarnata da una Madonna all'apice del sex appeal, una vera e propria bomba erotica tentatrice e scaltra, che nasconde un animo più sensibile e determinato di quanto voglia far credere.




Personaggi che si muovono in una storia "classica", con il buono intento a portare avanti una violenta crociata contro il crimine, mentre un nuovo boss arriva in città e mette alle strette persino il caponesco Caprice; i colpi di scena non mancano, ma a rendere tutto davvero memorabile è lo stile moderno con cui Beatty porta il tutto in scena, affidandosi molto al montaggio e alle belle canzoni, cantate da Madonna su testi di Stephen Sondheim e musiche di Danny Elfman.




Beatty riesce così a creare uno spettacolo perfettamente post-moderno, divertente ed esteticamente appagante, un film classico nell'anima e del tutto moderno nella messa in scena; che si rivelerà anche un ottimo successo di pubblico; peccato però che, al pari del personaggio, anche questo suo perfetto adattamento filmico sia stato dimenticato.




Il perchè, poi, è alquanto paradossale; volendo ricreare il successo ottenuto giusto un anno prima dal "Batman" di Burton, la Disney lanciò, nell'estate del '90, una massiccia campagna pubblicitaria, che spiazzò persino Beatty, il quale di certo non pensava che questo suo progetto di pura passione potesse essere venduto come un blockbuster; quell'anno, l'effice di Tracy era dappertutto, da McDonald's ai giocattoli stile Ninja Turtles, creando una Tracy-Mania perfetta erede della precedente BatMania; gli incassi, paradossalmente, delusero la major: pur avendo ottenuto quasi 200 milioni a fronte di un budget di neanche 50, l'obiettivo di superare i 300 come fece "Batman" fu mancato e la Disney decise di bloccare il film, il quale tutt'oggi non è stato mai distribuito in DVD in molti paesi del mondo (Italia compresa); bloccando, altresì, la produzione di un eventuale sequel, che Beatty vorrebbe tutt'oggi realizzare; paradossi di Hollywood.



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