mercoledì 1 maggio 2013

Il Corvo

Le Corbeau

di Henri-Georges Clouzot

con: Pierre Fresnay, Ginette Leclerc, Pierre Larquey, Héléna Manson, Micheline FranceyLiliane Maigné.

Francia (1943)









 



Mentre in America Alfred Hitchcock terrorizzava le platee con i suoi thriller dalla tensione crescente, nella vecchia Europa,  nella Francia occupata dai nazisti, un giovane cineasta, al suo secondo film, creava il più incisivo saggio sulla paranoia e l'ipocrisia che mente umana possa ricordare: "Il Corvo" di Henri-Georges Clouzot. 


In un paesino della provincia francese, uno scrittore anonimo, che si identifica con lo pseudonimo de "il corvo", comincia ad inviare lettere minatorie agli abitanti, nelle quali rivela tutti i loro segreti più incoffessabili; obiettivo principale del corvo è il medico Remy Germain (Pierre Fresnay), del quale rende pubblica la relazione extraconiugale e, sopratutto, le sue pratiche abortiste.


Anche se strutturato come un giallo (il colpevole viene rivelato solo nell'ultima scena, mentre per tutta la pellicola  i sospetti vengono via via gettati su ogni singolo personaggio), "Il Corvo" non è e non vuole essere una semplice pellicola di genere, quanto uno spaccato dell'ipocrisia della piccola società dell'epoca; in un racconto d'ansamble vero e proprio (i punti di vista sono molteplici, anche se quello prevalente resta quello del dr.Germain), Clouzot smaschera i vizi e le idiosincrasie dei personaggi: la libidine di Denise, le pratiche abortiste del dottore, la dipendenza da droga del dr. Vorzet, i furti della piccola Rolande, ecc....; il racconto diviene ben presto un girotondo di sospetti e calunnie, che culmina dapprima nella caccia spietata al presunto colpevole (l'inseguimento dell'infermiera, magistrale per esecuzione e potenza visiva), poi nella confessione del dr.Germain.



L'intento effettivo di Clouzot viene esemplificato, però, in un'altra (magnifica) sequenza, verso la fine del II atto: dimostrare come il bene e il male assoluti non esistano, come nel mondo nulla sia davvero bianco o nero, come ognuno abbia dei segreti nascosti che ne minano la credibilità; lo smascheramento del segreto, per Clouzot, non è una mera pratica iconoclasta fine a sè stessa, quanto una rivendicazione di veridicità; l'intento del corvo non è quello di distruggere la credibilità delle sue vittime, ma quello di "ripulire" la società dall'ipocrisia regnante, costi quello che costi; e di fatto la forza della veridicità dei suoi scritti causerà un suicidio: quello di un malato terminale che, però, sappiamo spacciato fin dall'inizio, ennesiama riprova della fluidità dei concetti di Bene e Male nel mondo.



All'epoca della sua uscita, "Il Corvo" generò un vero e proprio scandalo in patria: Clouzot produsse il film grazie ai proventi della Continental, casa di produzione fondata dai nazisti in Francia; il ritratto impietoso della società francese, inoltre, costò al grande regista un'accusa di collaborazionismo con le forze occupanti, avvallata, disgraziatamente, dal favore che il film riscosse presso Goebbles e il suo enturagè; solo dopo la guerra, e grazie all difesa a spada tratta di grandi cineasti quali Marcel Carnè, Clouzot riuscì a scrollarsi di dosso l'onta subita; vergogna dovuta, però, anche alla miopia della critica dell'epoca: impossibile non leggere nella figura della madre vendicativa una metafora della resistenza contro l'invasore che mette i francesi gli uni contro gli altri, o nella figura del medico, libero pensatore distrutto dall forza manipolatrice del corvo, una metafora dell'intellettuale costretto ad abiurare le proprie posizioni in favore della posizione della classe dominante.



Ancora oggi incisivo e visivamente affascinatne (la tonalità grigia dominante che si scontra con le forti e contrastate ombre sugli sfondi, come se si fosse in un film espressionista), "Il Corvo" è il primo capolavoro di un grandissimo cineasta, oggi purtroppo poco conosciuto dai più, ma che ha saputo influenzare pesantemente anche gli autori contemporanei, sopratutto con i successivi "Vite Vendute" (1953) e, sopratutto, con "I Diabolici" (1955), tant'è che Tarantino lo omeggierà nel suo splendido "Bastardi senza Gloria" (2009).

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