venerdì 23 agosto 2013

Immortal ad Vitam

Immortel (ad Vitam)

di Enki Bilal

con: Linda Hardy, Thomas Kretschmann, Charlotte Rampling, Jean-Louis Tnintingant, Yann Colette, Frederic Pierrot.

Fantascienza/Animazione

Francia, Italia, Inghilterra (2004)















Prima ancora di "300", la fusione tra live-action e animazione in CGI fu sperimentata nel 2004 da Enki Bilal, nel suo "Immortal ad Vitam", adattamento di una serie di graphic novels, componenti la cosidetta "trilogia Nikopol", scritte e disegnate dallo stesso Bilal negli anni '80.


Basato su "La Fiera degli Immortali", primo capitolo della trilogia e ispirato alla tradizionale fantascienza visionaria ed onirica del magazine "Metal Hurlànt", con "Immortal ad Vitam" Bilal dipinge un mondo futuristico smaccatamente postmoderno, nel quale convivono esseri umani, mutanti, robots e divinità egizie. Nella New York del 2095, flagellata da una spaccatura transdimensionale al centro dell'isola di Manhattan, compare una strana piramide volante; all'interno della stessa, le divinità egizie condannano a morte Horus, il dio dalla testa di falco, il quale si ritrova con soli sette giorni di vita; nel lasso di tempo concesso, Horus decide di riprodursi accoppiandosi con una giovane umana; la scelta ricade sulla misteriosa mutante Jill (Linda Hardy), essere apparentemente privo di passato; per generare un figlio, tuttavia, Horus necessita di un corpo umano privo di modificazioni genetiche; il candidato ideale è Nikopol (Thomas Kretschmann), ex prigioniero politico risvegliatosi per sbaglio dalla sua crio-prigione dopo 30 anni dalla condanna.


Il lavoro di ibridazione tra attori e personaggi animati ancora oggi stupisce: le interazioni tra le due categorie di personaggi sono spontanee e naturali; il che acquista un valore immenso se si tiene conto che, a differenza di quanto accadeva in "Star Wars Episodio I: La Minaccia Fantasma" e nella trilogia de "Il Signore degli Anelli", non è stata usata alcuna forma di motion capture per animare il modelli tridimensionali; la CGI usata oggi appare vetusta, ma all'epoca dell'uscita si faticava davvero a distinguere i personaggi reali da quelli fittizi, tanta era eccelsa la qualità del design e delle animazioni. Lo stile visivo di Bilal, inoltre, è semplicemente strepitoso: il character design, pur non originalissimo, riesce ad incantare, così come le architetture futuristiche della New York immaginifica; il post-modernismo trasuda da ogni inquadratura: in ogni scena si assiste ad una fusione totale e completa tra oggetti del presente rimaneggiati per adattarsi allo scenario fantascientifico e visioni futuribili; perfino la fotografia, al limite del monocratico blu, colpisce positivamente l'occhio con le sue infinite sfumature e tonalità.


Tuttavia Bilal dimostra più volte di non saper padroneggiare la grammatica filmica; il racconto procede con un ritmo fin troppo lento, al punto di annoiare arrivati a nemmeno metà della durata; ogni sequenza, dai dialoghi agli inseguimenti, manca di tensione, viene costruita in modo lineare e l'intreccio finisce così per non appassionare, vista anche la forte superficialità con cui sono tratteggiati i personaggi e i temi toccati; ed è un peccato: il mondo di "Immortal ad Vitam" è vasto ed affascinante, la distopia socio-politica immaginata da Bilal ben avrebbe potuto portare a riflettere su temi sempre verdi (il controllo dell'informazione, la distruzione dei dissidenti, l'incontro con l'ignoto), ma nulla viene approfondito.


Alla fine dei 106 minuti di durata, quel che resta è uno spettacolo visivo enorme, ma vuoto, che affascina mentre lo si ha sotto gli occhi, ma che non lascia nessuna sensazione né emozione; un vero peccato visto l'indubbio talento visionario dell'autore.

Nessun commento:

Posta un commento