martedì 27 agosto 2013

Iron Man

di Jon Favreau

con: Robert Downey Jr., Gwineth Paltrow, Jeff Bridges, Terrence Howard, Clark Gregg, Paul Bettany.

Commedia/Supereroistico

Usa (2008)


















Uscito ad appena un mese di distanza dall'Hulk di Laterrier, "Iron Man" è il film-manifesto della Marvel al cinema. Un film che vuole essere ironico, ma che scade spesso nell'idiozia; che è stato girato senza uno script definitivo e si vede lontano un miglio, tra scene improvvisate inserite a forza nel montaggio ed una trama che definire sfilacciata sarebbe un complimento. Un film senza una direzione artistica che sia una, con una fotografia anonima e scenografie inesistenti. Nonché un film con un grosso potenziale action che non ha scene d'azione vere e proprie. In pratica, un film brutto, stupido, vuoto ed compiaciuto, del tutto privo di interesse e finanche del minimo rispetto verso il pubblico.



L'omonimo personaggio venne creato, nel 1963, da Stan Lee e disegnato, tra gli altri, da Jack Kirby (e queindi per la regola d'oro secondo cui Stan Lee non ha mai davvero creato nulla, la paternità è del tutto attribuibile al Re) con uno scopo ben preciso: la propaganda bellica; subito dopo lo scoppio della guerra in Vietnam, infatti, Lee decide di dare il suo appoggio ai ragazzi americani in modo fermo, dimostrando come la superiorità tecnologica yankee fosse il viatico per la vittoria... si sa, si sbagliava di grosso; ad ogni modo, il personaggio di Tony Stark, nelle sue prime apparizioni, incarna perfettamente l'abominevole natura affarista ed imprenditorialista a stelle e strisce; Stark non è altro che un mercante d'armi che, ritrovatosi prigioniero di un commando di vietkong, costruisce da solo un armatura per fuggire; ritornato in patria, decide di migliorare il suo esperimento e di usarlo per vigilare contro le minacce, terrestri ed aliene, che di volta in volta si presentano. Sprovvisto della qual si voglia caratterizzazione, Iron Man è, inizialmente, il peggior personaggio mai apparso su di un albo a fumetti mainstream; ci vorranno anni di sceneggiature introspettive e disavventure personali per dare a Tony Stark una caratterizzazione degna di questo nome, che lo porterà, paradossalmente, a divenire il personaggio Marvel con la psicologia più complessa e sfaccettata di sempre; Stark viene infatti ricreato dapprima come un alcoolista dedito alla bottiglia perchè spaventato dalle sue responsabilità, poi come un imprenditore-vigilante stretto tra due poli opposti: il senso della giustizia e l'urgenza degli affari, che lo porta persino a vendere armi anche ai signori della guerra che poi dovrà sgominare. Di tutta questa complessità caratteriale e narrativa, l'adattamento su pellicola non tiene minimamente conto.



Introdotto il personaggio in una scena extra del film di Laterrier (girato prima, ma uscito dopo la pellicola sull'Uomo di Ferro), Feige affida il progetto di trasposizione al regista Jon Favreau, autore di commedie demenziali e fantasy per ragazzini; alla sceneggiatura vengono ingaggiati ben quattro scrittori (!), i quali però non riescono a creare uno script definitivo in tempo per le riprese e che giocano al ribasso ed imbastiscono una storiucola di origini al solito lineare e superficiale; il ruolo da protagonista viene invece affidato a Robert Downey Jr., redivivo dopo anni di oblio dovuto ai suoi guai con la giustizia, il quale fagocita letteralmente l'intera pellicola con la sua personalità.
Trovatosi immischiato in un film senza né capo né coda, Downey Jr. istrioneggia dall'inizio alla fine; la mancanza di caratterizzazione del personaggio permette all'attore di improvvisare, di scrivere dialoghi su misura per sé stesso e di trasformare l'intera pellicola in un suo one-man-show di due ore.




Inutile tirare in ballo storie quali lo star power o il contentino per gli adulatori: l'intera pellicola soffre della più totale mancanza di idee narrative ed estetiche; la storia è scialba: riprende giusto nel primo atto le origini del personaggio, attualizzando lo scenario bellico, per poi trasformarsi in una sorta di commedia demenziale nella quale l'eroe si chiude in cantina e dal nulla tira fuori un'armatura hi-tech, distruggendo così ogni possibile sospensione dell'incredulità; l'intera narrazione è strutturata come una serie di gag con Robert Downey Jr. e Gwineth Paltrow che si scambiano battutine e frecciatine amorose e nella quale Favreau appiccica l'intera costruzione della scena sui due attori; da antologia della bruttezza, tra le altre, la scena della prova dei booster, ripresa come un filmato di youtube per far gasare i nerd.




I quattro sceneggiatori dimenticano non solo di caratterizzare il personaggio, ma persino di dargli un motivo plausibile per continuare i suoi esperimenti: per tutto il film ci si chiede se Stark lavori all'armatura per un senso di giustizia ritrovato durante la prigionia, per denaro o semplicemente per curiosità intellettuale; la mancanza del più piccolo pretesto narrativo impedisce di appassionarsi al film e forse il coinvolgimento non era nemmeno nelle mire degli autori: la storia, tolto il primo atto, semplicemente non esiste, non c'è nemmeno un villain vero e proprio; il personaggio di Jeff Bridges non può essere inserito nella categoria degli antagonisti tanto scialba e superficiale e la sua caratterizzazione e la sottotrama di cui è protagonista; ogni svincolo narrativo viene frustrato fin dalle origini: quel che conta nel film sono le battutine sceme, le strizzatine d'occhio ai fans (l'accenno a War Machine, che come il Leader in "L'Incredibile Hulk" viene giusto introdotto per poi essere sviluppato nelle pellicole successive, come se la densità narrativa fosse troppa!), le gag stupide e l'istrionismo di un protagonista fuori controllo. Persino l'azione non trova spazio nel marasma di stupidità assortite: al solito le sequenze action sono poche e scialbe, costruite con il protagonista che fa qualche posa mentre tutto intorno a lui esplode; l'unica sequenza più elaborata è quella in cui Stark gioca a nascondino con i caccia, la quale, al solito, non ha la minima valenza narrativa; persino il duello finale tra Iron Man e la sua improbabile nemesi viene costruito come una sorta di "boss finale" di un videogame e liquidato in appena tre minuti.




A fine proiezione si è sgomenti per quanto assistito: un film che con il mezzo cinematografico non ha nulla che fare, viste le lacune narrative e la bruttezza estetica, che si compiace della sua pochezza e che serve, al solito, ad introdurre un personaggio per il mega-cross over "The Avengers", alla faccia di qualsiasi forma di rispetto del pubblico pagante; il quale, paradosso puro, accorre in massa a farsi perculare da Feige e soci: il successo di "Iron Man" è infatti enorme, trasforma la Marvel Studios in una major vera e propria ed impone un nuovo modello di supereroe su grande schermo: non più un super-uomo dai super-problemi o un individuo dall'esistenza tormentata, ma un istrione idiota protagonista di un improbabile commediola; e film come "Thor" (2011) e "Lanterna Verde" (2011) riprenderanno in pieno tale modello, abbassando ancora di più la media qualitativa del fumetto mainstream trasposto su grande schermo. E pensare che in quella stessa estate del 2008 sono usciti due film come "The Dark Knight" e "Hellboy- The Golden Army", portando in scena una visione del tutto antitetica su come trasporre un fumetto superoistico su grande schermo.

Nessun commento:

Posta un commento