giovedì 30 gennaio 2014

Dallas Buyers Club

di Jean-Marc Vallèe

con: Matthew McCoughney, Jared Leto, Jennifer Garner, Steve Zahn, Griffin Dunne, Dennis O'Hare, Kevin Rankin.

Drammatico

Usa (2013)










Il dramma della malattia è uno dei soggetti più frequentati dal cinema americano degli ultimi anni; clamorosamente sono però stati in pochi a rappresentare la spirale distruttiva delle vittime dell'HIV, la cui patologia sembra tutt'oggi un tabù persino per il cinema americano più intransigente; "Dallas Buyers Club" acquista così un valore inedito: la rappresentazione viva e genuina di un dramma molto spesso evitato o, peggio, trattato in modo stereotipato, la cui franchezza è dovuta forse e sopratutto al fatto di essere basato su veri accadimenti.


Texas, 1985; Ron Woodroof (Matthew McCoughney) è un elettricista che conduce una vita sregolata, totalmente dedita alle droghe e al sesso non protetto; ben presto Ron scopre di aver contratto l'AIDS e cade vittima di una spirale depressiva; dopo aver provato a guarire tramite l'utilizzo di un farmaco sperimentale, l'AZT, si ritrova in Messico dove, grazie alle cure del Dr.Vass (Griffin Dunne) scopre come tutta una serie di medicinali non approvati dalla Food and Drugrs Administration americana sia molto più efficace delle cure imposte dalle grandi case farmaceutiche. Coadiuvato dal travestito Rayon (Jared Leto), Woodrof comincia ad importare illegalmente i farmaci in negli Stati Uniti e a rivenderli sottobanco ai malati, creando scandalo e scompiglio presso la comunità medica.


Sono tre i pilastri narrativi su cui il film di Vallèe poggia: la descrizione pulsante della malattia che affligge i personaggi di Ron e Rayon, avvolti in una vera e propria nube di incertezza riguardo il loro futuro; lo spaccato di una società omofobica e intollerante quale quella americana degli anni '80, che tendeva ad etichettare tutti i malati di AIDS come lascivi omosessuali; e infine la condanna diretta e quasi senza appello all'ottusità del sistema delle lobbies farmaceutiche; tre spunti narrativi che la bella sceneggiatura del duo Craig Borten/Melissa Wallack riesce a sviluppare in modo se non originale, quanto meno efficace.
L'attacco alla collusione tra autorità governative e società speculative ben viene rappresentato dal rapporto tra il protagonista e il Dr.Sevard: il primo inizialmente dipende totalmente dalla cura a base di AZT prescritta dal secondo; l'AZT, tuttavia, è un farmaco in via sperimentale la cui tossicità è riprovata; Ron, al pari degli altri malati, diviene la cavia da laboratorio, un porcellino d'india con il quale sperimentare il farmaco per poi disfarsene una volta provati gli effetti; disumanizzazione, quella del sistema sanitario americano, rimarcata anche dallo scontro con il Dallas Buyers Club e i suoi metodi alternativi, che si dimostrano più efficaci delle cure ufficiali e per questo etichettate come pericolose anche quando non violano la legge federale; l'attacco diretto si attenua però nel finale, dove gli autori riconoscono l'efficacia del AZT in alcuni tipi di cura: ammorbidimento non contraddittorio, e che anzi dona un tocco di oggettività antimanichea ad una pellicola altrimenti facilmente etichettabile come "di parte".


Ancora più efficace è la descrizione dei personaggi e del loro mondo; la brutalità con cui i malati di AIDS venivano visti all'epoca non viene mai celata né edulcorata; i sieropositivi divengono così gli appestati del XX secolo, scherniti e scacciati come topi di fogna a causa dell'ignoranza beota di un popolo la cui ottusità viene descritta senza sensazionalismi, in modo diretto e fermo.
Il punto forte è però dato dalla splendida descrizione dei due protagonisti Ron e Rayon; il primo è il vero e proprio "eroe americano", un uomo le cui convinzioni riescono a salvare centinaia di vite umane a scapito delle condanne subite; ma a differenza degli eroi di Frank Capra e di tanto cinema mainstream a stelle e strisce, Ron è un personaggio sgradevole e tutto sommato irredento; fin dalla prima inquadratura l'eroe viene descritto come un rozzo burino dedito ai piaceri più bassi (la droga, il sesso estremo) e nonostante la malattia i suoi difetti non vengono mai meno: l'amicizia con Rayon non lo rende meno omofobo e la pessima esperienza con il sesso non protetto non gli impedisce di continuare a portarsi a letto donne appena conosciute; Ron è un anti-eroe vero e proprio: un uomo comune illuminato dalla sua esperienza che decide di fare del bene per trarne profitto e che cambia solo da un punto di vista ideale; in sostanza, è un essere umano con tutti i pregi e i difetti del caso, che qui non vengono né esaltati, tantomeno condannati; e McCoughney trova in questo redneck dal cuore d'oro quello che, almeno per ora, è il suo migliore personaggio, al quale sa conferire carisma e volgarità grazie ad un'interpretazione superba, da manuale dell'Actor's Studio per immersione fisica e psicologica. Non da meno è l'interpretazione di Jared Leto ed il suo Rayon; travestito sensibile e sofferente, Rayon è un angelo sozzo e volitivo, anch'egli lontano anni luce da qualsiasi forma di redenzione, la cui vivacità ben si contrappone al dramma di Ron; e, sopratutto, la cui umanità non può non commuovere.




Se il cast è perfetto e lo script è ben equilibrato, la regia di Valèe è invece fin troppo anonima; nella più pura tradizione del cinema indipendente americano usa la camera a spalla in ogni scena e si affida totalmente alla bravura degli attori; risultato che paga, ma che nega al film qualsiasi forma di originalità stilistica; fortunatamente, Valèe riesce ad evitare gli eccessi: sa sempre quando interrompere la scena scena o come inquadrare i personaggi senza far scadere la storia nel ridondante o, peggio, nel ricattatorio; la sua sobrietà dona così alla narrazione una compattezza inusitata, che raggiunge il suo apice nella splendida catarsi di Rayon, davvero da "manuale del dramma intimista".


"Dallas Buyers Club" si rivela quindi come una piacevole sorpresa: un dramma solido e convincente impreziosito da due performances da oscar e, al contempo, una critica feroce ma non compiaciuta alle istituzioni; emozionante e miracolosamente equilibrato.

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