sabato 27 settembre 2014

Le Avventure del Barone di Munchausen

The Adventures of Baron Munchausen

di Terry Gilliam

con: John Neville, Sarah Polley, Eric Idle, Jonathan Pryce, Oliver Reed, Robin Williams, Uma Thurman, Jack Purvis, Charles McKeown, Winston Dennis, Valentina Cortese, Sting.

Fantastico/Avventura/Commedia

Inghilterra, Italia (1988)













La lavorazione di "Brazil" fu tutt'altro che facile: Gilliam dovette sopportare ritardi, vessazioni e defezioni da parte del cast tecnico; finite le riprese, cominciò una vera e propria crociata contro il produttore Sid Sheinberg, il quale, non contento del risultato finale del film, ne bloccò la distribuzione per rimontarlo da capo, aggiungendo un happy ending che Gilliam apostrofò con il titolo "Love conquers all!". Ottenuto il beneplacito del pubblico, il grande autore riuscì a far uscire la sua versione del film in alcuni cinema americani e in tutto il territorio europeo, riscuotendo un buon successo al botteghino e sopratutto uno straordinario successo di critica, imponendosi come un nuovo punto di riferimento nel panorama del cinema fantastico.
Con l'appoggio della Columbia Pictures e i capitali della Laura Film, Gilliam trovò così un budget di quasi 50 milioni di dollari per portare in scena la sua opera più ambiziosa: una rievocazione delle peripezie del barone Karl Friederich Hieronymus von Munchausen, nobile tedesco vissuto nel XVIII secolo fautore di una serie di bizzarre e fantasiose storie, poi raccolte da Rudolph Erich Raspe nel 1751.
Sfortuna volle che anche questa produzione venne funestata da ritardi ed incomprensioni: con set e locations sparsi tra Italia, Spagna, Turchia ed Inghilterra, costumi bloccati alle frontiere, cambi di vertice in seno alla produzione, intere giornate di lavoro usate per ottenere poco più di un minuto di girato, Gilliam riesce lo stesso a creare il suo film più visionario, una fantasmogoria visiva che diviene perfetta narrazione dell'immaginazione e della sua forza salvifica, della sua intrinseca necessità e della sua genuina bellezza, che lo incorona come supremo cantore del fantastico.


18° Secolo, l'Età della Ragione; durante la guerra con i Turchi, in una sperduta città sotto assedio, un gruppo di teatranti mette in scena le avventure del Barone di Munchausen, sotto gli occhi vigili di Horatio Jackson (Jonathan Pryce), ministro indaffarato con la burocrazia in tempi in tempi di guerra; tra uno scoppio di mortaio e l'altro, all'improvviso irrompe nel teatro un anziano soldato che afferma di essere il vero Barone di Munchausen (John Neville) e racconta al pubblico come sia stato egli stesso la causa dello scoppio della guerra; dopo aver mostrato alla piccola Sally (Sarah Polley), figlia del capo dei commedianti, alcune delle sue mirabolanti peripezie, il Barone e la bambina partono per un folle viaggio alla ricerca dei suoi vecchi compagni, con l'impegno di sconfiggere i Turchi.


Con "Le Avventure del Barone di Munchausen", Gilliam riesce definitivamente nel'intento di dipingere la forza dirompente dell'immaginazione e di descrivere la sua importanza per la sopravvivenza dell'essere umano; terzo capitolo di un'ideale trilogia iniziata con "I Banditi del Tempo" (1981) e proseguita con il capolavoro "Brazil" (1985), "Munchausen" si pone per certi versi in perfetta continuità con i due film precedenti.
Continua lo scontro tra la triste realtà "fisica" e il dirompente mondo della fantasia, tra un protagonista inondato dalla magia dell'immaginazione ed una società che ne ha dimenticato la bellezza.
Il Barone è un anziano, rappresenta la terza età così come Kevin rappresentava l'infanzia nel primo capitolo e Sam l'età adulta nel secondo; ma il Barone non è un semplice uomo dotato di una forza immaginifica superiore a quella degli altri: egli è l'incarnazione stessa della fantasia, uno spirito in realtà privo di età, che ringiovanisce ad ogni nuova avventura ed invecchia dinanzi alle sconfitte; un personaggio a metà strada tra l'eroe e il ciarlatano, tra il salvatore ed il buffone, che come ogni mito che si rispetti trae la sua forza dalla fede che gli altri ripongono in lui: la sua linfa vitale è data dallo stupore che suscita nel pubblico, dalla sua capacità di affascinarlo e stuzzicarne l'immaginazione; se il vero Barone di Munchausen era un mitomane, il Barone di Gilliam è una figura mitica e archetipica, in grado di trasformare le panzane di cui è protagonista in vere avventure, di risvegliare la forza sopita della gente e di salvarla da una realtà distruttiva.
La piccola Sally, d'altro canto, è lo spettatore, che si deve avvicinare al Barone con gli occhi di un bambino: sospendere la propria incredulità dinanzi alle sue stupefacenti ed incredibili peripezie e guardare la realtà con occhi nuovi, puri, per poter scorgere tutta la magia in essa nascosta; e poter credere, così, di poter arrivare sulla luna con una mongolfiera o salvarsi dall'annegamento tirandosi per una treccia.


Il lato opposto della medaglia è occupato da Horatio Jackson, che con il volto di Jonathan Pryce diviene un'ideale antenato di Sam Lowry: un Sam che ha sepolto il suo io sognante e si è arreso alle maglie della burocrazia; Jackson è l'incarnazione del lato peggiore dell' "Età della Ragione", un uomo privo di inventivo, ancorato saldamente ai fatti, alle carte e alle scartoffie, in grado di far fucilare un coraggioso ufficiale (Sting) per paura che le sue gesta abbassino il morale delle truppe; un "soldato di carta" che anzicchè voler sconfiggere i Turchi, tenta di instaurare con il Sultano una sorta di "resa a turni" poichè incapace di concepire altro modo per vincere la guerra; e che dinanzi al trionfo del barone tenta di ucciderlo perchè incapace di sopportarne la forza salvifica.


E tutt'intorno al Barone gravitano una serie di avventure amene e personaggi mitici, basati sui racconti di Raspe, che Gilliam riordina con una narrazione episodica, ispirata ai "Viaggi di Gulliver" di Swift, similmente a quanto fece ne "I Banditi del Tempo"; ogni tappa del viaggio del Barone e di Sally è un tour in un mondo "altro", caratterizzato da proprie regole e da un proprio stile visivo.
Sulla Luna i due incontrano i due sovrani (Robin Williams e Valentina Cortese), due giganti le cui teste sono separabili dal corpo, dividendosi in esseri di pura ragione, destinati alla follia, o di puro istinto, simili ad animali libidinosi.
Nell'Etna i due incontrano Vulcano (Oliver Reed), alle prese con lo sciopero dei ciclopi e al lavoro su una nuova arma: una bomba atomica in grado di polverizzare TUTTO, anche gli amici e gli animali domestici dei propri nemici; e il Barone si concede un ballo con una bellissima Venere, interpretata da una giovanissima e splendida Uma Thurman. L'Etna diviene così una fucina di guerra che ricorda gli orrori dell'industrializzazione selvaggia e l'insensatezza della scienza applicata alla distruzione, magnificamente giustapposta all'antro di Venere, ispirato al quadro di Botticelli.


E tra una fuga dal ventre di una balena e una cavalcata su di una palla di cannone, il Barone tenta in ogni modo di sfuggire al suo nemico più temibile: la Morte. Per la prima volta, Gilliam dà una rappresentazione fisica al Mietitore Tristo, ispirandosi alle "Danze Macabre" medioevali, e lo trasforma nel perfetto controaltare della fantasia: la fine di ogni cosa, la perdita di ogni speranza che precede anche la trasfigurazione fisica. Ed è proprio il lugubre ed arido Jackson, alla fine, a divenirne l'emissario: la distruzione della fantasia che precede la perdita della vita, o meglio la perdita della vita come conseguenza ineludibile della perdita di ogni speranza, anche della più vana ed improbabile, basata unicamente sull'immaginazione più pura.
Eppure, chi ha fede nell'immaginazione è più forte persino della morte fisica: è in grado di riplasmare fatti ed eventi a suo piacimento e sopravvivere a tutto, compresa la propria distruzione.


Se in "Brazil" e ne "I Banditi del Tempo" la divisione tra il piano del reale e quello onirico era netto, in "Munchausen" i due mondi si intrecciano sino a confondersi; Gilliam porta lo spettatore da un mondo all'altro in un battito di ciglio, con panoramiche ampie che mutano in presa diretta il palcoscenico nel mondo ideale del Barone, e fonde totalmente i piani narrativi, passando repentinamente, con semplici stacchi, tra i due racconti, trasformando gli attori in maschere di sé stessi, lasciando che interpretino contemporaneamente sia i personaggi che gli attori chiamati a teatro per impersonarli. In "Munchausen" la fantasia si fa narrazione vera e propria e la sua forza salvifica si disvela nella sua capacità di riplasmare il reale, piegarlo alla volontà di chi ne è protagonista, di trasformare i momenti più bui e cupi in attimi di trionfo e di convertire i sogni in realtà grazie alla sola volontà.
E nel portare in scena questa forza dirompente, Gilliam crea alcune delle sue visione più amene ed irresistibili: i servi del Barone, superuomini dotati di poteri speciali come superforza, udito e vista sovraumani e velocità supersonica, poi ridotti ad ombre di sé stessi ma ancora in grado di combattere un ultima, spettacolare battaglia; la mongolfiera fatta con le sottovesti delle procaci attrici che vola verso la Luna; lo stesso atterraggio sul satellite, che Gilliam rievoca come un naufragio in un mare di sabbia; l'organo "umano" suonato dal Sultano, che trasforma le grida in note in un componimento degno del migliore umorismo dei Monty Python; e la mitica, ironica, mirabolante cavalcata sulla palla di cannone, trionfo totale della fantasia selvaggia di un autore all'apice della sua forma espressiva.


E nell'approcciarsi alle mirabolanti avventure del Barone, Gilliam svuota il suo umorismo da ogni acidità per renderlo più clownesco e meno grottesco, velando tutto il film con una patina di empatia pura verso i suoi personaggi. Le sue visioni si caricano così di una forza immaginifica totale, in grado di scardinare ogni forma di incredulità per trasformare il cinema in pura visione, vero e proprio sogno che prende vita e coscienza di sé, raggiungendo vette qualitative assolute e creando il suo secondo capolavoro, ideale contrappunto di "Brazil"; laddove nell'opera dell'85 la fantasia aveva una mera funzione escapista e salvava il protagonista dalla morte solo in modo relativo, in "Munchausen" il sogno è pura forza vitale, mezzo indisspensabile per la sopravvivenza dell'uomo.


EXTRA

La regia della seconda unità fu affidata da Gilliam a Michele Soavi, ex collaboratore di Dario Argento e ultimo vero esponente del genere italiano, all'epoca già estinto; sarebbe stato proprio Soavi a regalare all'horror nostrano un ultimo sussulto vitale con "Dellamorte Dellamore" appena cinque anni dopo.



Numerosi i camei di star all'interno del film; Oliver Reed interpreta il rude e geloso Vulcano; Sting l'ufficiale condannato a morte, presente in appena 30 secondi di pellicola; pare che la rockstar abbia accettato la parte perchè all'epoca era il vicino di casa di Gilliam. Robin Williams appare nei panni del Re della Luna, ma nei credits usa lo pseudonimo di "Ray D.Tutto", traslitterazione dell'italiano "Re di Tutto", ossia il titolo con cui si introduce al Barone e a Sally. Inizialmente sarebbe dovuto comparire, in un piccolo ruolo, anche Christophe Lambert: le sue scene furono girate, ma Gilliam decise di non includerle nel montaggio finale; tutt'oggi, il materiale è irreperibile, non essendo mai stato pubblicato in alcun modo.

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