giovedì 16 ottobre 2014

The Abyss

di James Cameron

con: Ed Harris, Mary Elizabeth Mastantonio, Michael Biehn, Todd Graff, Kimberly Scott.

Fantascienza/Thriller

Usa (1989)



















---SPOILERS INSIDE---

Se fino ad "Aliens" (1986) James Cameron era famoso per riuscire a dirigere ottime pellicole action-sci fi con budget tutto sommato modesti, è con "The Abyss" che il regista comincia a legare il suo nome al concetto di record; record che con questo primo film raggiunge per i costi esorbitanti: 70 milioni di dollari, praticamente la produzione più costosa fino ad allora; record per la magnificenza visiva ed estetica, inusitata per l'epoca; record per l'uso di effetti speciali; ma anche record negativi, come il gigantesco flop che la pellicola generò ai botteghini americani, per l'odio che riuscì ad insinuare nel cast, costretto a restare sott'acqua quasi fino all'annegamento, e per l'immenso sforzo logistico che costò all'epoca; e tra effetti speciali sbalorditivi e momenti ottimamente riusciti, Cameron fallisce comunque nel tentativo di dirigere una pellicola davvero memorabile.


Due sono i fenomeni "eccezionali" che hanno condotto alla produzione di "The Abyss"; da una parte la visone di "2001: Odissea nella Spazio" (1968), il capolavoro immortale di Kubrick che sconvolse la vita di un James Cameron ancora adolescente convincendolo ad intraprendere una carriera nel mondo del cinema; l'altra è il ritrovamento del relitto del Titanic: nel 1985, dopo più di 70 anni dal naufragio, le prime immagini del transatlantico più famoso della Storia fanno il giro del mondo, stuzzicando la fantasia di un Cameron oramai adulto e già fortemente affascinato dalle visoni dei fondali marini.
Le due intuizioni si fondono e nasce così la storia di "The Abyss": un gruppo di trivellatori chiamati a recuperare il relitto di un sommergibile militare che si ritrova faccia a faccia con l'ignoto. Ma parlare di semplice ispirazione è riduttivo: la pellicola di Cameron è per certi versi un vero e proprio remake del film di Kubrick, con il fondale oceanico al posto del mare di stelle infinito.


Avvenieristiche attrezzature da immersione al posto delle tute spaziali e delle navicelle, un capitano dei marines folle (interpretato da un Michael Biehn al top della forma, che Cameron avrebbe voluto premiato con l'oscar) al posto di un computer impazzito e l'abisso al posto dell'arcano monolite, ma il grosso della trama è pressocchè identico, salvo che Cameron non è Kubrick, non ha un briciolo della visionarietà filosofica del grande regista di New York e di conseguenza la sua "odissea negli abissi" è un semplice film di intrattenimento che vorrebbe avere una morale pacifista, ma che fallisce totalmente nell'intento di renderla credibile.
Poco sviluppato è il plot sui visitatori alieni ammarati nel fondale dell'Atlantico, che sembra messo in piedi giusto per dare il via alla storia e farla virare verso il fantastico. Le visioni extraterrestri di Cameron sono oroginali ed affascinanti: alieni di luce dalla tecnologia simile alle creature marine che riescono a manipolare l'acqua e che costringono Stati Uniti e Unione Sovietica ad una pace forzata, degni eredi della tradizione fantascientifica americana degli anni '50, in particolare del cul "Ultimatum alla Terra".
Ma la tensione ideologica e politica viene puntualmente lasciata fuori schermo: per tutta la durata del film non si avverte mai davvero la tensione critica tra le due superpotenze, né si riesce a dipingere uno scenario fantapolitico credibile; la tensione, in tal senso, latita e l'unica forma di coinvolgimento viene data dai singoli accidenti che colpiscono il gruppo di personaggi intrappolati nella stazione subacquea.


In questo senso, Cameron riesce perfettamente a stupire, creando situazioni sempre originali e tese nel quale "immergere" i personaggi: dagli incidenti in superficie che si ripercuotono sul fondale alla pazzia del capitano, la tensione interna alla storia non manca mai e per tutta la (lunga) durata si è sempre presi dalle disavventure del gruppo di improvvisati esploratori dell'ignoto. Questo nonostante la scrittura vacilli nella caratterizzazione dei personaggi: tolti i tre personaggi principali Bud (Ed Harris), Lindsey (Mary Elizabeth Mastrantonio) e il capitano Coffy (Biehn), tutti gli altri personaggi sono semplici riempitivi, utili solo a far procedere la storia e privi di qualunque spessore, a differenza di quanto avveniva con i marines dello spazio di "Aliens"; e non fosse per il carisma e la bravura del trio di protagonisti, anche i loro personaggi sono tutto sommato monodimensionali: il cattivo, la bella ciarlona e l'eroe rude e indomito; tutto qui, null'altro che figurine da usare per muoversi nello spazio filmico e nulla più, che, fortunatamente, riescono tutto sommato a catturare l'attenzione dello spettatore.
E quando Cameron si confronta con i temi più scottanti, come si diceva, la pellicola precipita in tutti i sensi.


Il terzo atto, con la discesa di Bud nell'abisso, è il più debole, talmente superficiale da indurre quasi al riso; il confronto con l'ignoto non viene messo in scena a dovere da Cameron: la sua regia manca di rigore e costruisce la discesa con una serie di primi piani dei personaggi che spezzano costantemente la tensione attraverso i dialoghi; l'arrivo sul fondo e la scoperta della base aliena sono così scontati e privi di vera tensione drammatica nella loro estrema linearità.


E lo"scontro" con i pacifici visitatori è semplicemente ridicolo; la paura di una guerra nucleare, dell'annichilimento totale viene esorcizzato da Cameron nel modo più scontato che ci sia: la forza dell'amore, non dell'amore tra popoli, non dell'amore tra esseri umani, ma tra marito e moglie, ossia la riconduzione della situazione umana al solo sistema di valori americano; e la presunta "morale" viene così annacquata e depotenziata totalmente da un romanticismo di riporto a dir poco stucchevole.
Ancora peggio, il confronto con gli alieni altro non è se non l'ennesima rievocazione del capolavoro di Kubrick, con l'avvicinamento di Bud alla stazione che ricalca quasi fotogramma per fotogramma l'archetipica scena del viaggio nelle stelle; e nonostante la magnificenza degli effetti speciali e la qualità del design, questo nuovo "contatto" non può vantare la stessa carica visionaria dell'originale del 1968, tantomeno la sua forza metaforica e filosofica.


Del tutto deleterio risulta, quindi, inquadrare "The Abyss" in una prospettiva "autoriale"; da questo punto di vista, le pellicole precedenti di Cameron, pur nate come meri exploit commerciali, risultavano molto più riusciti; "The Abyss", paradossalmente, è una pellicola totalmente al servizio dello spettacolo più puro e, al contempo, un delirio d'autore: un film nato come "arte"(o forse anche come semplice omaggio all'Arte, quella vera) ma che serve al suo creatore unicamente come fonte di divertimento, di sperimentazione tecnica e visiva; e su quest'ultimo piano appare perfettamente riuscita: il budget stratosferico si fa apprezzare nelle magnifiche sequenze subacquee, nelle scenografie ciclopiche e nei possenti effetti speciali, tra i quali spicca una delle prime e più riuscite animazioni in CGI della storia del Cinema (ma il record di prima animazione computerizzata su pellicola in assoluto, è bene ricordarlo, risale a "Westworld" del 1973).
Come pellicola di puro intrattenimento, "The Abyss" si può dire riuscita; ciò in cui Cameron fallisce è nel coinvolgere lo spettatore nella sua visone, nell'offrirgli qualcosa a cui affezionarsi davvero, nel far scaturire sentimenti di meraviglia che vadano al di là della semplice fascinazione; obiettivi che centrerà successivamente con lo splendido "Terminator 2- Il Giorno del Giudizio", ma che qui manca completamente.

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