lunedì 16 febbraio 2015

Whiplash

di Damien Chazelle

con: Miles Teller, J.K. Simmons, Paul Reiser, Melissa Benoist, Austin Stowell.

Usa (2014)





















Il Jazz è lotta, opposizione, violenza; le note improvvisate, gli ottoni che salgono e sopratutto le violente percussioni sono l'incarnazione stessa della rabbia repressa di un popolo, i neri d'America, che si ribella contro chi gli ha incatenati; una lotta che il cinema ha sempre amato, basti pensare allo splendido "Bird" (1988), con cui il grande Clint Eastwood rievocava la figura del mitologico Charlie Parker; senza contare come il primo film sonoro riconosciuto (anche se non il primo in assoluto) sia stato proprio "The Jazz Singer" (1928). E i temi della lotta e del riscatto si sono da sempre ben coniugati con l'american way of life: fin troppe sono le pellicole dedicate ad artisti che cercano di affermarsi contro tuttto e contro tutti e che si sacrificano per l'arte.
In tal senso, "Whiplash" potrebbe sembrare una pellicola fuori tempo massimo, salvabile solo come omaggio sentito e vivo ad un genere musicale oggi come oggi trattato con troppa sufficenza; per fortuna, l'esordio al lungometraggio di Damien Chazelle riserva qualche gustosa sorpresa.


Da poco entrato in prestigioso conservatorio di New York, il diciannovenne Andrew (Miles Teller) sogna di diventare un batterista Jazz di prim'ordine; scoperto dal professor Fletcher (J.K. Simmons), Andrew entra a far parte della classe di primo livello, ma si rende presto conto delle difficoltà che deve affrontare; Fletcher, infatti, è inflessibile ed ossessionato dalla perfezione al punto di umiliare i suoi studenti; tra i due nasce così spontaneamente una gara di resistenza.


Il tema della lotta viene rielaborato da Chazelle nella classica opposizione tra studente e allievo; Andrew è il classico ragazzo con un sogno mentre Fletcher è l'ennesima incarnazione dell'autorità insesibile, volta a forgiare la nuova generazione al meglio a prescindere dal metodo utilizzato; canovaccio visto e rivisto ma che l'autore rimescola in modo peculiare.
Andrew è disposto a tutto pur di affermarsi: Chazelle descrive tutte le figure che lo attorniano come ostacoli, personaggi in grado solo di denigrarlo per la sua peculiare attività, il batterista in un conservatorio in un mondo dimentico delle sue radici; ancora di più, Chazelle rilegge la classica love-story adolescenziale in chiave negativa, trasformandola in un peso di cui Andrew deve disfarsi; il protagonista diviene così non solo in centro totale della narrazione, ma, a sua volta, il punto focale della concentrazione narrativa: lo spettatore è chiamato ad identificarsi con Andrew anima e corpo e a seguire passo passo il suo percorso formativo. Nella descrizione di tale percorso, Chazelle mostra tutto il suo coraggio: Miles Teller, in performance incredibile, suda, impreca, versa lacrime e ben presto anche fiotti di sangue sui tamburi, il tutto in nome dell'affermazione; la determinazione e lo spirito d'affermazione raramente sono stati mostrati in modo tanto diretto, lucido e violento su Grande Schermo, tanto che il percorso formativo presto viene percepito più come un calvario da superare, una serie di prove umiliante e distruttive da sopportare pur di affermarsi. Affermazione che qui fa rima con "pazzia", distruzione di sé, isolamento, tanto che il finale viene lasciato in sospeso: l'affermazione e il superamento del limite servono davvero?
D'altro canto, la nemesi Fletcher ben presto si dimostra come qualcosa di diverso dal semplice "istruttore folle"; Fletcher è, in un certo senso, l'incarnazione stessa dello spirito del Jazz: un uomo rude, volitivo, sboccato e sopratutto violento, che plasma i suoi allievi con una cattiveria volta a farli raggiungere il limite e superarlo, poichè solo chi è stato preso a calci e sa rialzarsi può davvero avere la forza di suonare quelle note giose e disperate.


Malauguratamente, Chazelle non sempre controlla la narrazione; laddove dovrebbe aumentare l'enfasi (la gara di Andrew con i due rivali) lavora di sottrazione, facendo sfumare possibili sequenze di culto, mentre quando la storia non ha bisogno di ulteriore drammaticità, la carica di elementi inutili; fin troppo drammatica è la svolta a metà film, così come il finale, nel quale la semplice esibizione di Andrew sarebbe stata una catarsi soddisfacente, forse addirittura più in linea con lo spirito musicale.
Di ben altra caratura è invece la direzione degli attori, semplicemente eccellente, con i due protagonisti perfettamente mimetizzati nei ruoli dell'allievo caparbio e dell'insegnate violento; e se per Simmons non c'è da stupirsi, vista la sua ultraventennale carriera da magnifico caratterista, la vera rivelazione è Miles Teller, che già si era fatto notare in "Rabbit Hole" (2010) e che ora trionfa come protagonista assoluto.

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