lunedì 7 marzo 2016

Il Nostro Natale

'R Xmas

di Abel Ferrara.

con: Drea De Matteo, Ice-T, Lillo Brancato Jr., Victor Argo, Denia Brache, Lisa Valens, Gloria Irizzarry.

Usa, Francia 2001

















Dopo l'uscita di "New Rose Hotel" (1998), sembrava che il cinema di Ferrara fosse finito, chiuso in un cerchio di autoreferenzialità estrema, del tutto incapace di comunicare altro se non la perfetta estetica data dallo stile, sperimentale e al contempo rigoroso, con il quale intesseva le sue immagini ipnotiche e calde. Quando nel 2001, "'R Xmas" uscì nelle poche sale selezionate (tra le quali una in Roma, a ridosso delle feste natalizie), ci si dovette ricredere: il maestro newyorkese aveva ritrovato parte dello smalto perso nel tempo e, sebbene lontano dagli esiti che il suo cinema aveva raggiunto negli anni '90 grazie alla collaborazione con Nicolas St.John, era ancora in grado di regalare opere anticonvenzionali e riuscite.




"'R Xmas" è sotto quasi tutti i punti di vista una favola natalizia, una parabola laica e fredda su di una redenzione insperata. Punto di partenza è lo scandalo che nel 1991 investì New York quando un gruppo di poliziotti corrotti fu scoperto a taglieggiare e spalleggiare la piccola criminalità locale. Su tale base, Ferrara inventa due personaggi semplicemente indicati con i termini di "marito" e "moglie" (gli italoamericani Drea De Matteo e Lillo Brancato Jr., all'epoca entrambi nel cast de "I Soprano" e qui chiamati a vestire i panni di una coppia di spacciatori di origine domenicana), i quali, durante le festività natalizie, vengono perseguitati da un misterioso gangster (Ice-T).
Il Natale, ossia il fulcro di tutte le festività cristiane, fa capolino in modo diretto: le cene con gli amici e parenti, le corse ai regali (la bambola "Party Girl", simbolo non tanto del consumismo festivo, quanto dell'affetto dei genitori verso la figlia), le recite scolastiche, le luci calde, gli interni decorati da alberelli e festoni. Il Natale di Ferrara, qui, è luogo di festa e di gioia, nel quale l'umanità si ritrova per confortarsi. Ma in modo geniale, l'autore sovverte, nel corso dei primi 10 minuti, la figura dei genitori mostrando la loro doppia vita: messa a nanna l'amata figlioletta, i due si allontanano dai quartieri alti per chiudersi in un piccolo appartamento dei quartieri bassi, dove letteralmente cambiano pelle per mostrarsi come i criminali che sono: spacciatori volgari, interessati al denaro e in rotta di collisione con i piccoli pusher di Harlem e del Bronx.



La dicotomia tra valore familiare e disfunzione lavorativa manca: i due protagonisti sono totalmente assorbiti nella loro attività e al contempo fortemente devoti all'istituzione familiare, che come in "Fratelli" (1996) è fulcro inscindibile della loro vita. Il "male" a cui sono devoti non viene percepito come tale: i due non hanno coscienza della loro condizione di anime perse, che anzi riescono a coniugare perfettamente con l'affetto verso la figlia ed il resto della famiglia.
La crisi, di fatto, arriva quando questa istituzione viene minacciata dall'esterno, da quello strano gangster che di punto in bianco distrugge l'equilibrio precario delle loro vite, rapendo il marito, ossia portando via un pezzo di quell'istituzione fondamentale. Crisi che si riverbera sul lavoro, distruggendo, in appena 24 ore, i rapporti tra i personaggi.
Tuttavia, questo elemento di disturbo non esiste per distruggere quello strano e precario equilibrio, quanto per portare quella redenzione mai sfiorata dai due. E di fatto, il gangster altro non è se non un poliziotto, un tutore di quell'ordine che dovrebbe essere alla  base della società, prima fra tutti del nucleo familiare, presentandosi come una minaccia purgata da ogni deriva estrema: non è lui a commettere violenza e non sfiora in alcun modo la moglie, nonostante la sua folgorante bellezza.




La distruzione dell'ordine si fa, di conseguenza, creazione di un nuovo equilibrio, nel quale il rapporto tra i due giovani coniugi viene purgato da quel male sociale che lo aveva caratterizzato. La crisi dovuta alla mancanza del denaro e causata da quel businness tanto redditizio quanto pericoloso, li porta a riconsiderare totalmente la loro vita, ad eliminare da essa quel "male" tanto nocivo eppure tanto necessario. Forse, poichè come recita la didascalia finale, la parola fine non è ancora scritta.
L'assunto di base è quantomai e volutamente paradossale: i due peccatori ritrovano la retta via mediante un male inflitto da un personaggio percepito come malvagio. Il valore naturale delle azioni non viene più distinto in modo manicheo tra "bene" e "male", ma come "azione" e "conseguenza". Gli assoluti, ora, sono inesistenti: non esistono più un bianco ed un nero, solo differenti scale di grigio, come testimonia anche la sequenza della chiesa, dove il "male" ha infiltrato anche la priù sacra delle istituzioni.




Ferrara racconta il tutto con una freddezza quasi glaciale, un distacco emotivo totale che per la prima volta lo allontana del tutto dalla materia trattata. Il suo sguardo è quello di un osservatore incuriosito da un mondo lontano, eppure incredibilmente vicino al suo, sito appena al di là delle proprie abitudini. Le immagini, come al solito splendide, si fanno qui più claustrofobiche, raccordate in un montaggio alternato e serrato che fonde i piani spaziali e rallenta il tempo fino quasi ad annullarlo, per sospendere le azioni e le conseguenze in una linearità asettica. "'R Xmas" diviene così non più semplice racconto morale, quanto una piccola favola metropolitana, lineare e beffarda nel suo assunto di base.

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