lunedì 22 agosto 2016

Poltergeist- Demoniache Presenze

Poltergeist

di Tobe Hooper, Steven Spielberg.

con: Heather O'Rourke, JoBeth Williams, Craig T.Nelson, Dominique Dunne, Zelda Rubinstein, Oliver Robbins, Beatrice Straight, Michael McManus.

Horror

Usa 1982













---CONTIENE SPOILER---


L'estate del 1982 incorona Steven Spielberg come il supremo imperatore di Hollywood. Il successo travolgente di "E.T." lo consacra a vero e proprio Re Mida, in grado di trasformare in oro tutto quello che tocca, di creare fenomeni popolari partendo praticamente dal nulla ed influenzare un'intera generazione di giovani spettatori.
Ma per Spielberg quell'estate fu propizia anche per un altro motivo: anche la sua prima vera esperienza come produttore, "Poltergeist", riuscì a trionfare al box office e a divenire in brevissimo tempo un pezzo dell'immaginario collettivo. Laddove "E.T." è il film di una generazione, "Poltergeist" è il cult, nonchè l'esperimento, sulla carta ardito, di un autore che all'epoca aveva ancora una smania irrefrenabile di sperimentare.
Perchè "Poltergeist" non era un film facile da concepire, figuriamoci da portare in scena: un horror in piena regola che aggiornasse alla sensibilità moderna il cliché della "casa infestata", con effetti speciali mai visti prima, una tensione alta e sequenze splatter, ma che al contempo potesse essere visto dalle famiglie. Un horror che sapesse, in pratica, spaventare anche in modo viscerale, ma senza disgustare lo spettatore. 




Operazione ardita, che Spielberg affida ad un cineasta esperto nel genere, lontano anni luce dalla sua sensibilità e dal suo metodo di messa in scena: Tobe Hooper, all'epoca reduce dal successo de "Le Notti di Salem" (1980), ma che Spielberg apprezza sopratutto per il suo capolavoro "The Texas Chainsaw Massacre" (1974).
Come intuibile, il rapporto tra i due fu alquanto burrascoso, con Hooper perennemente scontento dell'ingerenza del produttore e Spielberg spaventato dal tocco fin troppo violento del regista; al punto che, per evitare controversie una volta che il prodotto finito fosse giunto in sala, molte scene vennero rigirate in modo da alleggerirne il tono o addirittura girate direttamente da Spielberg ad insaputa di Hooper; tanto che la paternità dell'opera potrebbe essere tranquillamente ascritta al primo, nonstante Hooper abbia poi confermato, nel corso degli anni, come il proprio apporto fosse stato essenziale per il completamento del film e la sua riuscita.
Riuscita che, su ogni livello, è avvertibile: anche se lungi dall'essere un capolavoro o una pellicola seminale, "Poltergeist" riesce davvero ad imporsi come un horror tout court, pur essendo rivolto ad un pubblico altamente eterogeneo.




Merito dell'inusuale sinergia dei due autori e della buona sceneggiatura, scritta da Spielberg e dal duo Mark Victor/ Michael Grais, di origine televisiva. "Poltergeist" riesce davvero a riportare in auge l'horror gotico, immergendolo in un contesto moderno e iniettandovi al contempo forti dosi di critica sociale.
L'ambientazione, in tal senso, è essenziale: come negli horror del decennio precedente, a fare da sfondo alla vicenda è la suburbia, un quartiere residenziale abitato dalla media borghesia, che Hooper e Spielberg ritraggono come dedita a tutti i piccoli piaceri che l'epoca poteva consentire: dalle partite di football divorate in salotto, alla piscina, dalla consumazione notturna di marjuana fino alle griffe dei giocattoli dei bambini, dove per ovvi motivi risalta il marchio di "Star Wars". Un mondo "ideale", pacifico, tranquillo, nel quale l'orrore si annida nel luogo più impensabile: il televisore.
La critica degli autori non rivolta al mezzo in sé o all'abuso che in quegli anni l'America (e non solo) cominciava a farne. Il televisore è nella storia puro mezzo verso quella realtà "altra" popolata dalle "demoniache presenze" e, su di un piano metaforico, semplicemente il simbolo del benessere borghese.




Un benessere coltivato sulla speculazione (nel film è quella edilizia, ma i richiami alla "reaganomic" sono palesi sopratutto nella scena in cui il padre di famiglia interpretato da Craig T.Nelson ne spulcia la biografia), ossia sulla distruzione dei valori canonici in forza dell'affermazione individuale. Proprio in quel 1982, all'alba del decennio dell'edonismo sfrontato, il più improbabile dei contestatori crea una metafora vincente sul quel sistema squallido e compiaciuto che tante vittime mieterà nel corso degli anni. Metafora che prende le forme del fantasma, del morto che privato del suo spazio (il cimitero, luogo di riposo distrutto in favore del benessere) se ne riappropria in modo violento.




Ma "Poltergeist" è prima di tutto un horror perfettamente riuscito. Hooper dirige le scene di tensione con mano sicura, sa rallentare il ritmo tra uno spavento e l'altro, costruisce la vicenda in modo lento, ma senza mai scadere nella noia. E quando può, colpisce duro, innestando nell'immaginario spielberghiano fatto di clown ghignanti e mostri dall'oltretomba, visioni spaltter disturbanti. Da antologia, su tutte, la sequenza in cui uno degli scienziati si strappa la faccia (che la leggenda vuole essere stata rigirata da Spielberg, che trovava le prima versione sin troppo spinta, statuizione in realtà più volte negata da entrambi). Quando poi decide di usare unicamente l'atmosfera, Hooper colpisce nuovamente nel segno, riuscendo a creare un'aura sinistra anche nelle scene pià tranquille, talvolta grazie anche alla sola presenza di Zelda Rubinstein, attrice dalla presenza e dalla voce semplicemente inquietanti nonostante la funzione benigna del suo personaggio. Persino lo humor non è mai fuori luogo, anche quando consegue a sequenze di pura tensione. Ciliegina sulla torta: gli effetti speciali di Richard Edlund sono ancora oggi apprezzabilissimi.




Laddove il film incontra un limite è nella sua natura ibrida, che ne castra alcune potenzialità. Se lasciato fare, Hooper avrebbe sicuramente reso le sequenze ancora più terrorizzanti, l'atmosfera ancora più sinistra e il sottotesto politico ancora più pregnante. Potenziale sprecato che però non inificia del tutto il lavoro svolto. Tanto che il suo status di cult appare meritato.




EXTRA

Impossibile parlare del film senza fare cenno alla "maledizione" che lo ha colpito. La serie di sciagure, tragedie, fatalità e incredibili coincidenze che lo hanno accompagnato prima, durante e dopo l'uscita in sala ha fatto giustamente parlare di un "Caso Poltergeist" e della probabile esistenza di un'entità maligna non dissimile da quella mostrata nel film stesso, che si sarebbe poi estesa anche ai due sequel "Poltergeist II- L'Altra Dimensione" (1986) e "Poltergeist III" (1988).
Tre membri del cast sono morti precocemente a causa di una malattia fulminante: Julian Beck, già interprete di Tiresia nell' "Edipo Re" di Pasolini, è morto nel '86 a 60 per un cancro allo stomaco, subito dopo aver finito le riprese di "Poltergeist II", nel quale interpretava il reverendo Kane, villain del film. Allo stesso modo, Will Sampson, il mitico "Grande Capo" di "Qualcuno Volò sul nido del Cuculo" (1975), che nello stesso film interpretava lo sciamano buono Taylor, sarebbe morto un anno dopo, nel 1987, a 53 anni per un'insufficienza renale. La più tragica è però stata la dipartita di Heather O'Rourke, che nei tre film ha interpretato la piccola protagonista Carol Anne, morta nel 1988 a soli 12 anni per le complicazioni dovute a causa della contrazione del morbo di Crohn. Già nel 1982, tuttavia, la tragedia colpì Domique Dunne: a poche settimane dall'uscita del primo film nelle sale, la giovane attrice fu trovata morta, strangolata dal suo ex ragazzo.
A perorare la tesi della maledizione sono stati due elementi presenti nel primo film: per risparmiare sugli oggetti di scena, lo scenografo Jeff Spencer decise di usare veri cadaveri nella scena in cui i morti escono dalle tombe. Per puro scherzo, poi, decise di appendere un anacronistico poster del Superbowl del 1988 nella stanza dei ragazzi. Heather O'Rourke sarebbe morta proprio nel 1988.
La presenza di veri cadaveri sul set fu comune anche al primo sequel "Poltergeist II"; stando alle testimonianze del cast, molte delle sequenze ambientate nella miniera dovettero essere rigirate perché la pellicola continuava misteriosamente a bruciarsi. Una volta scoperta l'autenticità dei corpi usati, il regista Brian Gibson decise di far benedire le locations da un vero sciamano, usato come consulente. A quanto pare, la cerimonia fu proficua e solo allora le riprese poterono continuare.




Sembrerebbe impossibile, ma la presenza di scene cupe e violente nei film prodotti e diretti da Spielberg negli anni '80 costrinse la MPAA a rivedere i rating per la censura. Dapprima l'uscita di "Poltergeist" nel 1982 e poi quella di "Gremlins" e "Indiana Jones e il Tempio Maledetto" nel 1984, portarono alla creazione dell'ormai famigerato PG-13, rating usato per film troppo leggeri per un NC-17 ma troppo forti per un semplice PG. All'epoca, il PG-13 rappresentava un veto molto permissivo, ma con gli anni è divenuto la "pecora nera", il simbolo della paura di registi e produttori per la MPAA e di un modo di concepire il cinema di intrattenimento codardo, ipocrita e poco divertente.




Nel 2015, l'immancabile remake inutile:


Basato sullo script dell'originale e diretto da Gil Kenan, specialista in film ragazzi. E si vede: questa volta il prodotto finale è talmente blando e poco ispirato da far sorridere per l'irritazione.

Nessun commento:

Posta un commento