sabato 15 aprile 2017

Addio Principe! 50 anni senza Totò




Il Principe della Risata, icona partenopea incontrastata, nonché simbolo di un'Italia intera.
Quell'Italia del Secondo Dopoguerra, che viveva spesso di stenti, che "si arrangiava" e dello sbarcare il lunario per un soffio faceva un'arte.
Un volto popolare, il suo, irrimediabilmente legato al "vulgus" che tanto lo adorava; a discapito dei nobili natali, per i quali a lungo si è battuto per ottenerne il riconoscimento.
Totò era d'altronde personaggio che viveva di estremi: di carattere schivo, serio, quasi iracondo (sopratutto nella sua turbolenta vita privata), ma che messo su di un palco riusciva ad irradiare un'allegria contagiosa, grazie alla sua espressività quasi cartoonesca e ad una fisicità che aveva ben poco da invidiare al Chaplin più in forma.
Cinquant'anni fa ci lasciava, creando un vuoto enorme nella cultura popolare e filmica di una nazione all'epoca all'apice della potenza cinematografica. E come sempre, il modo migliore per ricordarlo è riguardare i suoi lavori; non per forza i più noti e rappresentativi, ma anche quelli meno celebri, che pur sono in grado di restituirne la grandezza.






FIFA E ARENA (1948)

Diretto da Mario Mattoli, che poi ne diverrà il regista "di fiducia", Totò parodizza il celebre "Sangue e Arena", impersonando un personaggio che è l'esatto opposto dei divi Tyron Power e Rodolfo Valentino.




TOTO' LE MOKO (1949)

Altra celebre parodia del Principe, che questa volta sbeffeggia "Pepe le Moko" con Jean Gabin.




TOTO' A COLORI (1952)

Basterebbe il solo fatto che "Totò a Colori" sia stato il primo film italiano ad essere girato, appunto, a colori per renderlo una visione obbligatoria; il pezzo forte non è però nella resa cromatica, quanto nella performance di Totò, che si esibisce nel celebre "ballo di Pinocchio", omaggio sentito alla rivista e ai tempi del muto.






UN TURCO NAPOLETANO (1953)

"Ed io per sempre, servo vostro!" così si congeda alla fine del film; ed altrettanto memorabile è il suo istrionismo in una delle sue commedie più "piccanti".





TOTO' E CAROLINA (1955)

Mario Monicelli prende il Principe per mano e lo trascina in un road movie volto a scoperchiare le ipocrisie di un'Italia bigotta ed intollerante; Antonio Caccavallo diviene così la maschera dell'arrivista che si avvede della pochezza altrui.




LA BANDA DEGLI ONESTI (1956)

Assieme a  "Totò, Peppino e la... Malafemmina", il più celebre exploit del duo, qui nelle vesti di una coppia di improbabili falsari. Entrato nel dire comune il mitico scambio di battute "Guardi... e si ma non guardi!"






TOTO', PEPPINO E LA... MALAFEMMINA (1956)

Cinema popolare di prima categoria, con una storia d'amore contrastata portata a vanti a suon di musica al centro ed i due mattatori come racconto collaterale; che ovviamente cannibalizza tutto. Da citare almeno la scena, mitologica, dell'incontro con il vigile.








I SOLITI IGNOTI (1958)

Un cameo da superstar in uno dei massimi capolavori della "Commedia all'Italiana"; Totò è Dante Cruciani, vecchio scassinatore che aiuta i "giovinastri" nel colpo alla pasta e ceci.





TOTO'TRUFFA '62

La scena della Fontana di Trevi è si da antologia, ma non è che la punta dell'iceberg in un film dove Totò da sfogo a tutto il suo istrionismo restando quasi sempre "en travestì".





TOTO' DIABOLICUS (1962)

Totò che interpreta un serial killer? Ebbene si e come al solito è magistrale.




GLI ONOREVOLI (1963)

"VotaAntonioVotaAntonioVotaAntonio..... Italiaaaaaaani!". La follia delle elezioni e il marciume della politica di allora in una satira leggera, non troppo corrosiva ma riuscita; con un Totò, aspirante onorevole, scatenato.






UCCELLACCI E UCCELLINI (1966)

Da maschera popolare a maschera della piccola borghesia; Totò si mette al servizio di Pasolini e dà vita ad una serie di personaggi tragici, comici, stupidi, violenti, curiosi, in pratica: vivi.






CAPRICCIO ALL'ITALIANA (1967)

Il suo ultimo film completo, uscito postumo, testimonia le sue due anime. Ne "Il Mostro della Domenica" di Steno è un furfante che si diverte a "rapare" i tanto odiati capelloni. In "Che cosa sono le Nuvole" è una marionetta triste, che riflette sull'assurdità della vita.




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