giovedì 18 maggio 2017

Scappa- Get Out

Get Out

di Jordan Peele.

con: Daniel Kaluuya, Allison Williams, Catherine Keener, Bradley Whitford, Caleb Landry Jones, Marcus Henderson, Stephen Root, Lil Rel Howery.

Thriller

Usa 2017















---CONTIENE SPOILER---

Non è un casualità il fatto che "Get Out" sia stato definito come il "film caso" dell'anno. E questo perché ha tutte le carte in regola per esserlo: è un thriller spiazzante, che corre sul filo del ridicolo, ma che riesce miracolosamente ad essere sempre credibile e coerente. E l'esordio al cinema come regista di Jordan Peele, attore televisivo che assieme a Keegan-Michael Kay ha dato vita ad un duo comico di successo nella serie televisiva "Key e Peele" e che si cimenta per la prima volta con un registro di genere in una produzione Blumhouse, dimostrando tra l'altro un ottima mano. Ed è sopratutto un film perfettamente figlio dell'era post-Obama, che riesce a fare il punto sulla situazione razziale in America che vive sospesa in un'atmosfera di forzato perbenismo che convive con uno sconcertante e pulsante razzismo, dove al cinema si celebra la furba vittoria agli Oscar di un film come "Moonlight" , mentre per le strade i poliziotti sembrano essere tornati ad imbastire le "cacce" al nero.




"Get Out" è un thriller che poggia su di una premessa stravista: qualcosa di sinistro accade dietro le quinte, ma fino alla fine del secondo atto non è dato sapere se ci sia davvero un "male" all'opera o se sia tutto dovuto alla paranoia del protagonista. Ed a contare sono il colore della pelle e la situazione impostata, quella di Chris (Daniel Kaluuya, inglese ma perfettamente in parte nel ruolo dell'americano paranoico), afroamericano fidanzato con la bella e bianca Rose (Allison Williams), il quale deve passare un week-end in provincia per conoscere i di lei genitori, esponenti dell'alta borghesia.




L'atmosfera è da subito spiazzante: giardiniere cameriera di colore accolgono lo sventurato innamorato, mentre un fratello un pò troppo invadente (Jones) sembra incarnare anche fisicamente quel white trash razzista pronto a spuntare anche tra le mura più immacolate.
L'essere circondato da bianchi ricchi porta a galla una verità scottante: la paura che l'afroamericano nero tutt'oggi ha di certa classe dirigente, pronta ad essere vista sempre come prevaricatrice e chiusa. La paranoia di quel passato pesante esplode ad ogni minimo pretesto, inghiottendolo in circolo vizioso fatto di false intuizioni e paure soffocanti.




Finché nel terzo atto queste si concretizzano: i bianchi sono davvero negrieri, pronti a togliere tutto al nero, persino quel suo corpo che ritengono (a torto?) biologicamente superiore. E l'americano medio bianco, che fino a ieri si costringeva a fare finta di niente, ora deve guardare in faccia la realtà: il razzismo esiste tutt'ora, coperto sotto una patina di perbenismo che ben facilmente può essere lacerata. Cosicché le paure del bianco e del nero finiscono per coincidere: il passato fatto di sopraffazione e segregazione è ancora vivo, pulsante tra le mura domestiche, situato a pochi chilometri dalle grandi città, in luoghi solo in apparenza remoti.





Peele non fa sconti e benché declini il tutto da afroamericano, riesce sempre a non essere tedioso nella metafora di fondo; persino quando esagera con i simbolismi (il cotone che diviene strumento di salvezza) o con un registro comico un pò forzato (il personaggio di Rod, che forse vuole essere un omaggio agli sceriffi di "L'Ultima Casa a Sinistra" essendo talmente sopra le righe da apparire sempre e comunque fuori luogo); fino a creare un thriller teso con una metafora scottante e convincete.
Tanto che più di "film caso", si spera si possa parlare presto di "film di culto": l'intelligenza non manca, il mestiere neanche. E forse, come declinazione dello status di sottomissione e "miseria" dell'afroamericano medio, vale molto più questo thriller satirico di quel drammone codardo che tanto ha fatto innamorare l'Accdemy.

1 commento:

  1. Hai ragione: film intelligente, spiazzante, persino troppo diretto se vogliamo. Ne parlerò presto anche io, non mi ha sconvolto come è successo ad altri recensori (soprattutto negli USA. Il contesto conta eccome) ma mi è davvero piaciuto.

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