giovedì 17 agosto 2017

La Torre Nera

The Dark Tower

di Nicolaj Arcel.

con: Idris Elba, Matthew McConaughey, Tom Taylor, Jackie Earl Haley, Katheryn Winnick, Abby Lee, Alex McGregor, Dennis Haysbert, Claudia Kim.

Fantastico/Azione

Usa 2017















---CONTIENE SPOILER---

E' buffo pensare come l'opera più complessa ed affascinante di uno scrittore blasonato come Stephen King sia anche la meno nota, almeno presso il grande pubblico. Perché la serie de "La Torre Nera" è sicuramente riuscita a far breccia nel cuore dei fan dello scrittore del Maine, a divenire un fenomeno letterario di culto presso più di una generazione, eppure risulta del tutto sconosciuta a chiunque non abbia mai letto almeno uno dei suoi romanzi.
Questo molto probabilmente a causa della mancanza di un suo adattamento per il grande o piccolo schermo; o forse anche a causa della sua peculiarità: composta da ben 8 romanzi (sette canonici, più un ultimo che fa da gustosa "side-story" alla trama principale), non è una semplice saga fantasy post-modernista, come pure potrebbe sembrare, ma una vera e propria "magna opus", che finisce per abbracciare molte delle altre storie raccontate negli scritti di King. E lo fa in modo letterale: la storia di Roland Deschain di Gilead, ultimo esponente della casta dei Cavalieri, pistoleri dotati di mira e riflessi quasi sovrannaturali, della sua ricerca della misteriosa Torre Nera, si intreccia con molti altri romanzi di King grazie all'escamotage, visionario e geniale, del multiverso.



La Torre altro non è che il centro verso il quale convergono tutti gli universi creati da King, più un "universo primo" che è quello "reale", nel quale si muove lo stesso King, il "tessitore di storie" che diviene personaggio essenziale della sua stessa storia, chiamato ad avere un ruolo importante della ricerca e che, su di un piano extradiegetico, permette all'autore di rielaborare, a distanza di anni, il suo trauma più grande, ossia l'incidente che nell'estate del 1999 quasi lo paralizzò.
Ecco dunque Roland inseguire, da principio, uno stregone vestito di nero; la famosa frase che apre il primo romanzo, "L'Uomo in Nero fuggì nel deserto. Il Pistolero lo inseguì", prelude alla scoperta (nel finale) dell'identità di questo primo antagonista: Randall Flagg, il villain per antonomasia nel mondo di King, già perfetta incarnazione del Male Supremo nel capolavoro "L'Ombra dello Scorpione" e qui nemesi perfetta, nella sua onniscenza, di un personaggio laconico e carismatico, re-incarnazione (in tutti i sensi) di Clint Eastwood nella "Trilogia del Dollaro" leoniana.
Allo stesso modo, confluiscono tra le pagine della lunga trama personaggi come il Padre Callahan di "Le Notti di Salem",  il Ted di "Cuori in Atlantide", Patrick, il bambino pittore di "Insomnia" e persino una creatura della medesima razza del Pennywise di "It". E tenendo conto di come spesso molte di queste storie fossero già da principio intrecciate tra loro ("It" e "Insomnia" sono entrambi ambientati nella immaginaria cittadina di Derry ed in entrambi compare il personaggio di Mike Hanlon), si può vedere la serie de "La Torre Nera" come un vero e proprio "universo base" che finisce per collegare tra loro in modo ancora più marcato molti dei romanzi kinghiani.




Ma "La Torre Nera" è anche una serie dotata di un proprio universo immediatamente riconoscibile, nel quale King, con tocco squisitamente post-modernista, fa confluire tutte le sue passioni giovanili e non (bisogna tenere a mente come il primo romanzo della serie, "L'Ultimo Cavaliere", fu cominciato all'età di 19 anni e solo in seguito rimaneggiato per essere l'apripista della lunga storia). Prima fra tutti, quella per "Il Signore degli Anelli" di Tolkien: da qui torna l'idea di un mondo fantasy con maghi e mostri, oltre che della quest dell'eroe come cammino letterale verso un luogo oscuro. L'amore per gli spaghetti western porta invece a caratterizzare il mondo di Roland come una terra fantastica dove una lunga guerra ha fatto ripiombare tutto all'epoca dei cowboy. L'Antica Civiltà, che aveva raggiunto un progresso tecnologico sbalorditivo, è stata cancellata, di essa restano solo arcani ruderi; le Baronie nelle quali il mondo era diviso (prima di "andare avanti"), tra le quali Gilead era la più importante, sono scomparse dopo la guerra con John Farson, detto "Il Buono", ribelle che voleva liberare i popoli dal giogo dei potenti, ma che ha finito solo con portare il caos. L' "ultimo cavaliere" è così un pistolero taciturno e solitario che si muove sullo sfondo di un mondo post-apocalittico, dove il western incontra il fantasy, dove le sue pistole sono state forgiate nell'acciaio che fu di Excalibur, dove la sua stirpe è quella dell'equivalente transdimensionale di Re Artù (Arthur Eld), dove un villain che si rivela solo verso la fine della serie incarna il male supremo (il "Re Rosso"), mentre vampiri e uomini-bestia ne compiono i misfatti, "lenti mutanti" appestano le zone più disastrate, fanatici religiosi tentano di massacrare chiunque capiti a tiro e robot impazziti venuti da altri mondi falciano interi villaggi o sorvegliano i "vettori", sentieri seminasconsti che conducono alla Torre ( e tra i tanti, quello percorso da Roland viene custodito da Maturin, la tartaruga divina che appariva in "It"). E dove, in un gioco di specchi sempre post-modernista, oggetti di fantasia del nostro mondo divengono armi incredibili (le "sfere-vampiro" di "Phantasm" vengono usate come granate, ribattezzate "sfere modello Harry Potter"), personaggi della cultura popolare divengono reali (i Lupi de "I Lupi del Calla", robots dalle fattezze del Dr.Destino mischiate a quelle di Darth Vader) e le leggende sono Storia (il ciclo arturiano, essenziale nella mitologia alla base della serie).




Ma a discapito della magmatica mole di elementi eterogenei che ne costituiscono l'ossatura dell'universo, quella de "La Torre Nera" è in fondo una storia lineare, benchè resa complessa a causa del gran numero di personaggi e sottotrame, sia interne che collegate verso gli altri lavori dell'autore.
Al centro, ovviamente, l'eroe impegnato nella quest, Roland, pistolero infallibile, ultimo cavaliere e (si scoprirà in seguito) erede di Artù, benedetto dalla Divinità Creatrice Gan. La ricerca della Torre Nera è viaggio verso quel nesso spazio-temporale che può permettergli di rigenerare il suo mondo ormai morente, annichilito dalla guerra del folle Re Rosso; il quale, a sua volta e per il tramite di Flagg ed altri sottoposti, vuole raggiungere la Torre proprio per disintegrare l'intera realtà.
Nel suo viaggio, Roland incontrerà tre alleati, che formeranno il "ka-tet", una versione fantasy della classica "posse", accomunata nel e dal Destino ("ka", la forza aggregatrice dei mondi, simile al fato e alla "mano di Dio").
Prima fra tutti, è il giovane Jake Chambers, che dopo essere morto a New York si risveglierà nel mondo di Roland; dopo aver condiviso con lui un turbolento viaggio nel primo romanzo, Jake morirà, solo per tornare nel suo mondo, ove sarà perseguitato dai sogni e visioni di quello strano Pistolero, per poi tornare da lui, grazie ad uno dei nessi dimensionali, nel terzo romanzo, "Terre Desolate".
Il secondo romanzo della serie, "La Chiamata dei Tre", illustra come Roland recluti i suoi compagni in versioni differenti dell'America del XX secolo. Primo tra questi (dopo Jake, che però tornerà solo in seguito) è Eddie Dean, del 1988 ed afflitto inizialmente da una tossicodipendenza distruttiva che ne forgia il carattere, duro ed ironico. Poi Odetta Holmes, afro-americana paraplegica del 1964, che soffre di uno sdoppiamento di personalità che la porta ad essere posseduta da un lato oscuro, il quale si identifica come Detta Walker e che alla fine forgerà una terza personalità, sintesi delle due, chiamata "Susannah".
Ai quattro si unirà più avanti anche il Padre Callahan de "Le Notti di Salem", la cui terribile esperienza con i vampiri ha fatto ritrovare la fede in Dio e che, a seguito di alcuni vagabondaggi, ha varcato le dimensioni risvegliandosi nell'Entro-Mondo della terra di Roland. Senza contare il "bimbolo" Oy, creatura fantastica mix tra cane e furetto e dotato di parola.




L'estrema durata del viaggio di Roland (come si diceva, sette romanzi più una side-story), la complessità del suo mondo, la sua lunga e complessa storia personale (narrata nel quarto romanzo, "La Sfera del Buio", vero e proprio prequel, oltre che nei flashback de "L'Ultimo Cavaliere" ed in ultimo nell'ultimissimo romanzo, "La Leggenda del Vento"), che controbilancia una trama di base tutto sommato lineare (un viaggio verso una meta distante, la Torre appunto, con solo una svolta nella New York prima dell'ultimo atto), hanno per anni impedito una forma di adattamento audiovisivo de "La Torre Nera". L'unica altra incarnazione che ha avuto, è data dalla bella serie di fumetti targata Marvel, scritta da Peter David e Robin Furth ed illustrata da Jae Lee, il cui stile o si ama o si odia.




Adattamento che espande la materia narrata, dando forma anche ai miti che ne sono alla base (la storia di Arthur Eld), riempiendo i "buchi" lasciati tra un romanzo e l'altro (la miniserie "La Lunga via del Ritorno", per esempio, narra un episodio inedito, ossia come il giovane Roland, distrutto a seguito della morte dell'amata Susan Delgado, sia riuscito a tornare alla natia Gilead assieme ai suoi compagni pistoleri Cuthbert Allgodd e Alain Johns), finendo per arricchire in modo gustoso un mondo già di per sé ameno e stratificato.




Ma l'adattamento per il grande schermo delle avventure di Roland e compagni non poteva mancare. Per quasi 10 anni ad Hollywood hanno cercato di dare forma alle pagine di King, senza però riuscire nell'impresa.
Il progetto di adattamento nasce però sotto una cattiva stella, quella di Akiva Goldsman, ossia il peggiore sceneggiatore che si sia mai visto, responsabile di atrocità quali "Batman & Robin", "Lost in Space", il recente "Rings", gli sciagurati adattamenti di "Io, Robot", "Io sono Leggenda" e dei romanzi di Dan Brown, senza contare il suo scalcinato esordio come regista, quel "Storia d'Inverno" talmente ridicolo da divenire puro cinema trash multimilionario.
Goldsman, inizialmente coadiuvato da Ron Howard e J.J. Abrams, che purtroppo (o per fortuna) poi si sono allontanati dal progetto a causa delle lunghe tempistiche, ha però una buona intuizione: adattare per il grande schermo solo alcuni dei romanzi, per poi narrare gli altri come miniserie televisive, in un progetto cross-mediale che ben avrebbe potuto rendere la complessità del mondo di Roland e del multiverso kinghiano.




Ma il primo film della serie, intitolato semplicemente "La Torre Nera", arriva solo ora al cinema, al seguito di ritardi, false partenze ed infinite riscritture. Vittima, tra l'altro, della moda dei tempi: prendere Idris Elba come protagonista solo per cercare di far colpo sul pubblico afroamericano e dare una parvenza di multietnicità al tutto. Vien da chiedersi, nel caso in cui la serie continui, come caratterizzeranno il personaggio di Susannah, i cui tratti caratteriali sono formati proprio dall'essere un'afroamericana degli anni '60.
Ed al timone del film troviamo Nicolaj Arcel, regista danese che ha preso parte come sceneggiatore all'adattamento della serie "Millennium" di Stieg Larsson e che per la prima volta si cimenta con un blockbuster di stampo fantasy. Con tutte le intuibili conseguenze del caso: "La Torre Nera" finisce così per essere non tanto un adattamento dei romanzi di King, quanto un film ispirato ad essi, dove l'intera materia di base viene rielaborata come un semplice film fantastico, piuttosto che come una complessa fusione di storie ed influenze.




Meglio essere subito chiari: Idris Elba come Roland si rivela scelta felice, quasi del tutto azzeccata; il grande attore di origine britannica ha il fisico e lo sguardo per essere un pistolero laconico quanto basta e duro; certo, resta il ridicolo involontario dovuto alla scoperta della sua discendenza, che nel film viene citata esplicitamente nei dialoghi, ma per il resto il suo Roland è davvero un personaggio carismatico e riuscito.
Il Randall Flagg di MacConaugehy, d'altro canto, non brilla certo per originalità, né per carisma, nonostante l'indubbia presenza scenica del suo interprete: troppo gigionesco nelle movenze, quella di McCouneghey è una performance fin troppo divertita, che finisce per trasformare uno stregone misterioso in una sorta di dandy dall'indole violenta.
Per il resto, l'opera di riscrittura dell'universo (e macroverso) kinghiano è alquanto singolare.




E' buffo pensare all'entusiasmo proferito da King verso questo progetto, quando è invece solito attaccare a viso aperto (ed in modo involontariamente ridicolo) chiunque adatti i suoi romanzi cambiandone storia e personaggi; perché lo script alla base de "La Torre Nera" è un mix di alcuni degli elementi portanti dei romanzi, praticamente nessuno dei quali ripreso dal primo della serie, dove tutto viene più o meno appiattito.
A partire dall'antefatto: la mitologica battaglia di Jericho Hill, dove il mondo di Roland idealmente muore a causa della follia di John Farson e delle macchinazioni di Flagg e del Re Rosso, è ora una semplice "battaglia per proteggere la Torre", nel quale perde la vita anche il padre di Roland; la casta dei pistoleri è divenuta un semplice ordine che protegge la Torre e Roland non un nobile disperato che vuole raggiungerla per risanare la sua casa, quanto un mero "guardiano"; il piano di Flagg e del Re Rosso di abbatterla non è frutto di pura follia maligna, ma subordinato alla creazione di un nuovo multiverso, nel quale creature demoniache extradimensionali dominano sul cosmo (altro riferimento ad "It", tanto che ad un certo punto Roland combatte persino contro una di queste creature, che come Pennywise ha la capacità di mutare forma).
Diverso è anche il rapporto con Jake Chambers; la prima escursione del ragazzo nel Medio-Mondo, susseguente alla sua morte, non viene citata: si parte direttamente con i sogni del ragazzo, come narrati nel terzo romanzo, ed il suo attraversamento del portale a New York; il suo "tocco" è su schermo ancora più simile alla "luccicanza" di "Shining" ed il suo ruolo negli eventi è quello di un potente esper usato come "frangitore", ossia come arma per tentare di abbattere direttamente la Torre, non più i Vettori su cui poggia.
Dulcis in fundo: anche la caratterizzazione estetica delle "porte" è totalmente diversa; non più stipiti che fluttuano a mezz'aria nello spazio (immagine ben più potente, tanto che trova la sua fonte di ispirazione proprio al cinema, in una scena di "Nightmare 3- The Dream Warriors"), ma semplici "stargate", tutti uguali al passaggio che Roland ed il suo ka-tet adoperano per giungere a Fine-Mondo verso la fine della serie.




Estremamente diversa è poi la caratterizzazione del mondo di Roland e compagni; non più un ameno multiverso nel quale convergono tutte le forme di ispirazione che hanno affascinato King nel corso degli anni, ma un semplice mondo post-apocalittico interlacciato direttamente con l'Universo-Cardine (che nei romanzi era invece il "mondo originario", nel quale si muoveva King); non ci sono riferimenti agli spaghetti-western, né più di tanto al fantasy classico (se si escludono gli uomini-belva addobbati come orchi); un mondo che, in sostanza, su schermo perde la sua affascinante amenità per farsi in parte più compatto, anche troppo, in una trasposizione che schiaccia tutto il materiale di base e lo comprime in appena 90 minuti di durata, restringendo la vastità di eventi e luoghi fino a creare una semplicissima storia fantastica.




Storia che è quanto di più convenzionale si possa immaginare; a partire dall'uso del punto di vista di Jake, che fa somigliare "La Torre Nera" a tanto fantsy a stelle strisce anni '80 e 2000; convenzionale nelle scene d'azione, dirette con sicuro gusto per la coreografia, ma senza guizzi; convenzionale nell'umorismo, con Roland che si innamora del gusto della Coca-Cola e redarguisce un paio di ragazzette dai facili costumi affascinate dalla sua mascolinità.
Eppure, pur nella sua basicità e ricercata piattezza, come piccola pellicola fantastica questa prima trasposizione è innegabilmente riuscita.




La rielaborazione della storia originaria funziona, si presenta come un canonico ma riuscito "cammino dell'eroe", anche grazie alla caratterizzazione di Jake e Roland; entrambi sono orfani, segnati dalla perdita della figura paterna, alla ricerca di un padre e (inconsciamente) di un figlio; il loro ritrovarsi, la chimica tra i due (e sopratutto tra gli interpreti) funziona (nonostante le doti recitative non eccelse di Tom Taylor). Così come riuscita è tutto sommato la storiella creata cucendo i vari pezzi dei romanzi; nonostante i palesi buchi nella mitologia che solo chi ha letto i romanzi può colmare: cosa sia un "vettoremoto", chi sia il Re Rosso o perché Roland riesca a resistere alla magia di Flagg sono quesiti che non trovano risposta (e quest'ultimo resterà oscuro anche a chi ha letto ed amato la saga, essendo un mero strumento narrativo per evitare che lo Stregone lo uccida già nell'antefatto).




Pur con i suoi difetti e le facilonerie, "La Torre Nera" si configura come una pellicola divertente e miracolosamente mai ridicola, nemmeno nei suoi risvolti più a rischio (primo fra tutti lo humor, comunque poco); l'opera magna di King ben avrebbe meritato un adattamento più diretto e grande, un vero kolossal fantasy-horror piuttosto che un filmino fantastico volutamente d'antan; tanto che forse il film sarà più apprezzato da chi non conosce affatto i libri. La speranza è che i seguiti e la serie televisiva riescano a restituire la giusta dimensione al mondo di Roland ed al suo lungo ed affascinante viaggio.

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