domenica 1 ottobre 2017

L'Ultima Casa a Sinistra

The Last House on the Left

di Wes Craven.

con: David Hess, Sandra Peabody, Lucy Grantham, Fred J.Lincoln, Jeramie Rain, Marc Sheffler, Richard Towers, Cynthia Carr.

Usa 1972

















Wes Craven è stato da sempre riconosciuto come uno dei supremi autori horror del ventesimo secolo; indubbiamente il suo nome sarà per sempre legato alle sue creature più famose, su tutte lo spauracchio Freddy Krueger, oramai vera e propria icona pop che ha purtroppo perso la sua iniziale carica intimidatoria.
Eppure, relegare Craven e la sua filmografia al solo cinema di genere sarebbe riduttivo; le influenze che ha assorbito durante la sua formazione sono derivate più dal cinema d'autore europeo che da quello americano; senza contare come più volte nella sua carriera egli stesso avvertirà l'urgenza di distanziarsi dal fantastico e dal thriller per dirigere o produrre film decisamente lontani da quelli che lo hanno reso celebre, su tutti "La Musica del Cuore", piccola commedia con Meryl Streep che se vista senza conoscerne il background produttivo potrebbe portare a pensare ad un progetto su commissione.
Craven ha sempre provato a rielaborare istanze artistiche in chiave terrorifica, a riplasmare visioni auliche sotto forme ripugnanti e scandalose; e questa sua poetica è avvertibile sin dal suo esordio, quel "L'Ultima Casa a Sinistra" oramai divenuto un classico del cinema di terrore.




Ma ancora una volta, definire l'esordio di Craven come un semplice horror sarebbe riduttivo e fuorviante; e non solo perché nei fatti è un remake del capolavoro di Bergman "La Fontana della Vergine", dal quale riprende l'idea di un omicidio commesso nei boschi vendicato brutalmente da una figura paterna.
"L'Ultima Casa a Sinistra" è uno dei primi e al contempo uno dei massimi esponenti della New Wave del horror americano post "La Notte dei Morti Viventi"; la lezione di Romero è stata assimilata da Craven: l'orrore striscia in luoghi comuni, lontano da quelli propri del cinema horror classico, nella periferia della città e nelle campagne, in quella provincia che fino a poco prima si credeva immune dalla violenza metropolitana; ma qui ancora più che prima, il male è un concetto strettamente terreno. Ed è un orrore di stampo sociale, metafora deformata e deformante di quella realtà lontana dall'idealizzazione del perbenismo, che distrugge la visione conservatrice di un'America allegra, priva di sangue o lati negativi; da qui la connessione flebile con l'horror tout court. Tant'è che i "mostri" non sono neanche non-morti antropofagi, esseri viventi resuscitati in cerca di cibo, ma "comuni" assassini, uomini che compiono violenze per il solo gusto di farlo, per il brivido del male.
L'orrore è umano, l'umano è il male; Krug e la sua combricola altro non sono che la faccia di quella gioventù violenta e senza freni che in quei primi anni '70 metteva a ferro e fuoco le strade americane; quella violenza che si copre dei colori della controcultura solo per giustificare le proprie azioni.




Proprio il paragone con l'opera di Bergman aiuta a comprendere la forza dell'adattamento effettuato da Craven; nell'originale, la ragazza uccisa era il simbolo della fede, di una spiritualità ingenua ma piena di convinzione che veniva massacrata senza motivo, stroncata da un male che non ha ragione di esistere se non nell'azione deviata in sé. Nel film di Craven, le due giovani ragazze sono due facce della gioventù: da una parte la più matura Phyllis, che cerca di resistere e fuggire dagli assalitori, dall'altra l'innocente Mari, appena sbocciata come donna, poco più che una bambina per questo ancora ingenua, che viene letteralmente deflorata a morte, privata della sua verginità e con essa della vita. L'uccisione diviene quasi un rituale pagano, effettuato per compiacere il basso istinto: Krug, "Faina", Sadie e persino il giovane Junior usano la violenza per il proprio piacere; il suo motivo di esistere trova giustificazione nel ludibrio, nel puro divertimento che costoro ne traggono.




E Craven non si tira certo indietro nel mostrarla. Nonostante un budget praticamente inesistente, la violenza è diretta anche quando lasciata fuori dall'inquadratura; il sadismo degli assalitori non concede tregua allo spettatore, che in un tremendo spettacolo vouyeristico è chiamato a partecipare alla scena delle sevizie e dello stupro senza abbellimenti, né filtri.
Lo stile visivo, ancora acerbo data la poca esperienza di Craven con la macchina da presa, rende il tutto più verosimile, come se quelle immagini fossero amatoriali, girate per davvero in un vero bosco; effetto aumentato da un "trucco" destinato a fare scuola: l'uso di pellicola 16mm gonfiata poi a 35 in post-produzione per sgranare l'immagine e renderla più simile a quella di un documentario.




Ma la violenza di "L'Ultima Casa a Sinistra" non è limitata ai soli carnefici nominali, ai soli reietti della società che vivono della sottomissione del prossimo. La violenza è la stessa che striscia per le strade di ogni città e che vive dentro ogni uomo; è comune altresì a quella famiglia borghese amorevole e tollerante che ha cresciuto nel suo seno l'innocente Mari.
Se nel film di Bergman la vendetta del padre della vergine era rappresaglia rabbiosa, in quello di Craven la vendetta, benché dettata dal dolore della perdita, è più lucida e calcolata; i signori Colingwood perseguono il fine con freddezza, arrivando a manipolare sessualmente "Faina" e ad imbastire dei trabocchetti (tema ricorrente in molti film di Craven) per intrappolare gli ex carnefici. Lo scontro tra il sig. Conlingwood e Krug è brutale, comincia con la ricerca dell'arma più adatta per l'omicidio (scena poi ripresa anche da Tarantino in "Pulp Fiction") per culminare con la prima eviscerazione eseguita da una sega a motore che si sia vista al cinema, in un vero e proprio bagno di sangue; e benchè l'ultima immagine del film veda i due coniugi distrutti dall'orrore, la loro vendetta è precisa, furiosa ma cosciente.
Non c'è quindi vera distinzione sociale per quel che riguarda la violenza; essa è elemento comune a tutti gli esseri umani; di fatto, a mancare alla famiglia Colingwood altro non era che un pretesto per abbandonarsi alle uccisioni; pretesto che ha le forme del dolore per la perdita della figlia.




Craven declina così una perfetta metafora sul sadismo, su quella componente distruttiva che è parte integrante della psiche umana; non fa sconti, non si tira indietro: la carica disturbante delle immagini, all'epoca sconcertante, è ancora oggi inusitata, non ha perso un'oncia di potenza.
Il che purtroppo si scontra con gli evidenti limiti tecnici con il quale il film è stato prodotto; con un budget di appena 90 mila dollari dell'epoca, Craven, assistito unicamente dal produttore Sean S.Cunningham (poi regista del fin troppo fortunato "Venerdì 13") scrive, dirige e monta tutto il film; ma la sua inesperienza è avvertibile: molti sono gli errori nel montaggio delle singole inquadrature che, sebbene aumentino la sensazione di verosomiglianza, spesso distraggono dalla visione. Decisamente meno riuscito è il tono farsesco con cui le sequenze di violenza vengono intercalate: forse per cercare di ammorbidire l'atmosfera, alla sequenza dello stagno viene alternata una serie di gag con protagonisti i due sceriffi locali, decisamente fuori luogo.




Errori e scelte poco riuscite dovute alla scarsissima esperienza dell'autore dietro la macchina da presa.
Non deve stupire infatti come questo sia una suo esordio totale; le uniche esperienze precedenti lo vedevano coinvolto (sempre assieme al collega Cunningham) come tutto fare nel cinema underground di natura pornografica; esperienza che gli ha permesso di racimolare i pochi soldi necessari per produrre il film, ma che non gli ha permesso di avere la preparazione necessaria per sobbarcarsi tutto il lavoro.




Pur tuttavia, anche al netto dell'inesperienza avvertibile, "L'Ultima Casa a Sinistra" resta un esordio folgorante, un perfetto esponente del horror "neorealista" americano e l'apripista del filone "Rape & Revenge"; una pellicola, in poche parole, epocale.




EXTRA

La violenza esplicita ed il tono disperato hanno causato grossi problemi distributivi al film. In Inghilterra si è arrivati addirittura a bandirlo sino all'anno 2000.
Più clemenza c'è stata invece in Italia, dove il film è stato distribuito in una versione accorciata di circa 75 secondi; prima dei titoli di testa è stato inoltre inserito un testo dove si sottolinea come il film sia usato scopo didattico nelle università inglesi ed americane; testo ovviamente menzognero, adoperato solo per placare gli animi degli spettatori più bigotti. Nel doppiaggio italiano, infine, viene celata la paternità di Krug verso il personaggio di Junior, per rendere meno sinistra la sua morte. La versione integrale del film, assieme a quella inizialmente distribuita al cinema, è stata edita solo con l'edizione in DVD della Rarovideo.




Tra le pellicole prodotte sulla cresta dell'onda del successo di "L'Ultima Casa a Sinistra", vanno citate almeno il capolavoro di Tobe Hooper "The Texas Chainsaw Massacre", che riprende dal film di Craven l'idea della motosega come arma di morte oltre all'escamotage della pellicola 16 mm stampata a 35 mm per aumentarne la grana; e, sopratutto, il mitico "Non violentate Jennifer" ("I Spit on Your Grave"), Rape & Revenge dalla fama imperitura, dovuta alla celebre sequenza dello stupro della protagonista, della durata di oltre 20 minuti.




Nel 2009, il remake inutile d'ordinanza, firmato da Dennis Iliadis ed interpretato da Garret Dillahunt e da un allora sconosciuto Aaron Paul.


4 commenti:

  1. Hai visto il recente "Leatherface"?
    Si tratta dell'ennesimo prequel,sequel.remake,reebot di Non aprite quella porta o un film con un minimo di senso per esistere?

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    1. Vorrei vederlo ma almeno per il momento non riesco; più che altro per la curiosità di capire cosa si siano inventati dopo quel disastro in galleria del 3D.

      Dovrebbe essere una sorta di prequel di quel film, che a sua volta era un prequel dell'originale.... scavare oltre il fondo del barile.

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  2. Se non sbaglio Non aprite quella porta 3d dovrebbe essere il sequel dell'originale Non aprite quella porta.
    Un prequel dell'originale c'era stato all'incirca dieci anni fa, ovvero quel"non aprite quella porta - l'inizio" diretto dallo stesso regista della Furia dei titani e del film sulle tmnt 2014 (delle credenziali non proprio incoraggianti).

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    1. Si era un sequel, ora ricordo. LEatherface è un prequel di 3D.

      E poi c'era "L'Inizio" che invece era il prequel del remake... casino.

      "L'Inizio" non era malvagio, tutto sommato.

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