mercoledì 24 gennaio 2018

Indiana Jones e il Regno del Teschio di Cristallo

Indiana Jones and the Kingdom of the Crystal Skull

di Steven Spielberg.

con: Harrison Ford, Shia LaBeouf, Cate Blanchett, Karen Allen, John Hurt, Ray Winstone, Jim Broadbent, Igor Jijkine.

Avventura/Fantastico

Usa 2008















Sul quarto capitolo delle avventure del dr.Jones è stato scritto di tutto: da chi lo stronca senza appello a chi lo guarda con sufficienza (quei 6.5 su IMDB e Metacritic puzzano di recensioni comprate lontano mille miglia) sino a chi lo difende a spada tratta come un bel film. Ed è quest'ultima categoria, malauguratamente, ad essere obiettivamente in torto, perché di "Indiana Jones e il Regno del Teschio di Cristallo" si può solo scrivere male; uscito fuori tempo massimo, con una storia che ha alla base un mcguffin che non può rivaleggiare con i precedenti, stanco fino allo sfinimento, presenta situazioni trite e riciclate e tematiche fantascientifiche che davvero non hanno nulla a che vedere con la saga dell'esploratore armato di fedora e frusta. Ma, ancora peggio, si tratta di un film brutto sia sul piano della scrittura che dell'estetica, oltre che noioso e lento. Un film che rivaleggia con "War Horse" per il titolo di peggior film di Spielberg (battaglia che vince su tutta la linea), che non ha un minimo di senso su tutti i piani e che potrebbe tranquillamente essere inscritto tra i film più brutti del decennio passato. Se non addirittura di sempre, visto che molte delle trovate e molto dello squallore orgogliosamente esibito fanno somigliare questo exploit finto nostalgico come un fratello maggiore del "Dracula" di Argento. Il che è dire tutto.




"Non sono gli anni che pesano, ma i chilometri" esclamava Indy ne "I Predatori dell'Arca Perduta"; ma gli anni sono passati anche per lui: terminata la Seconda Guerra Mondiale, il dr.Jones diviene un agente della C.I.A. in lotta contro i Sovietici. Ed a quanto pare l'età del pensionamento sembra essere anche stata superata, visto che nella prima scena lo troviamo nelle grinfie dell'ufficiale Irina Spalko (Cate Blanchett, che si sforza invano di dare credibilità ad un personaggio macchiettistico); coartato a collaborare, Indy, assieme al doppio (triplo, quadruplo, quintuplo e chi più ne ha...) giochista "Mac" Michale (Ray Winstone, sprecatissimo) ritrova nell'Area 51 (ossia dove è persino sepolta l'indimenticata Arca dell'Alleanza) il cadavere di un alieno caduto a Roswell tempo addietro. La Spalko, infatti, è il capo di un'unità istituita da Stalin per la ricerca e lo sviluppo di armi paranormali (che cosa?) intenzionata a scoprire il famoso "Regno del Teschio di Cristallo", fondato millenni addietro da una civiltà extraterrestre.
Dal canto suo, il povero Indiana Jones, oltre a vedersela con la sovietica di ferro deve anche confrontarsi con una ritrovata Marion Ravenwood (Karen Allen, che sembra appena tolta dalla naftalina tanto è inespressiva) e con Mutt (LaBeuf), teppistello motorizzato che pare essere addirittura suo figlio.




Le sequenze e gli elementi peggiori del film sono anche i più criticati dai fans, per una volta a ragione: le talpe che divengono parziale punto di vista nel primo atto (ma perchè?), l'inutile personaggio di Mac, il villain caricaturale, Shia Labeouf che dovrebbe essere una sorta di nuovo Indy pronto a prendere in mano cappello e frusta per una nuova generazione, ma che non ha un grammo del carisma dell'originale figuriamoci la credibilità come eroe d'azione; ed ovviamente l'ormai mitologica sequenza del frigo usato come rifugio antiatomico, talmente sopra le righe da sembrare uscita da una gag scritta da Paolo Villaggio e che riesce a polverizzare la sospensione dell'incredulità già nella prima mezz'ora di film, perfetto biglietto da visita per lo spettacolo che segue.
Ma i veri problemi de "Il Regno del Teschio di Cristallo", quei difetti che lo rendono per davvero la trashata compiaciuta che è, risiedono più in profondità, nella scrittura e nella messa in scena, ovverosia negli elementi principali della grammatica filmica.




L'intento di Spielberg e Lucas dovrebbe essere simile a quello che muoveva il primo "I Predatori dell'Arca Perduta", ossia riportare in auge un tipo di cinema, quello dell'intrattenimento spensierato, oramai perduto, che nel XXI secolo risulta affossato dall'abuso di quei green-screen che proprio Lucas si è divertito ad imporre come escamotage per non uscire mai dai teatri di posa. Ecco dunque comparire sequenze di scazzottate ed inseguimenti perfettamente coreografe ed eseguiti da veri stuntmen in loco piuttosto che da attori appiccicati su di uno sfondo posticcio, una vera boccata d'aria fresca in un panorama nel quale già aveva cominciato a muoversi la Marvel Studios con la sua filosofia del falso a tutti i costi.
Il che, però, accade solo nella prima metà del film: nella seconda ogni buona intenzione viene gettata alle ortiche e ogni singola sequenza d'azione è ricostruita in studio, eseguita da attori appesi ai fili neanche si fosse in un epigono di "Matrix" e completata con una computer graphic fintissima; l'estetica viene ammazzata in modo definitivo: non c'è ricerca della verosomiglianza e le immagini divengono cartoonesche, quasi grottesche nella loro bruttezza; e, al di là della pura estetica, tutto diviene piatto, diretto con il pilota automatico, senza guizzi o creatività alcuna. L'abbandono di location in favore di green-screen non paga: Spielberg era più a suo agio in esterni, come le immagini dei precedenti film possono testimoniare; chiuso in studio, sottomesso al "metodo Lucas", il suo stile dimostra tutti i limiti possibili, arrivando a creare un'esperienza filmica contraddittoria nelle sue intenzioni prima ancora che genuinamente brutta.




Ed anche volendo soprassedere sul quell'orribile inseguimento in una giungla che sembra uscita da un filmato della prima Playstation, a quelle formiche disegnate a mano sulla faccia degli attori o alle scimmie che sfigurerebbero persino in un cartoon vero e proprio, ad infliggere il colpo di grazia alla visione è la comparsa di quell'alieno che fa le smorfie, modello tridimensionale che avrebbe fatto schifo in una produzione indipendente dal budget nullo, figuriamoci in un blockbuster estivo, al punto che ci si chiede davvero che cosa avessero in mente regista e produttore quando hanno deciso di non rigirare la scena con un animatronico; e alla mente ritornano gli alieni di "Incontri Ravvicinati del Terzo Tipo", ossia nani in costume e marionette animate dal mai troppo lodato Carlo Rambaldi, che all'epoca dell'uscita de "Il Regno del Teschio di Cristallo" avevano già trent'anni sul groppone ed erano lo stesso decisamente più belli e credibili.




Alieno che fa persino cambiare il punto di riferimento cinematografico della serie. Se i precedenti film di Indy erano un omaggio ai vecchi serial d'avventura, "Il Regno del Teschio di Cristallo" si rifà più al cinema di fantascienza anni '50, con i riferimenti alla Guerra Fredda, alla paura del Rosso e, appunto, agli omini verdi. Ma cosa c'entra quel cinema con la serie di Indiana Jones? Assolutamente nulla. Perchè una tale scelta? Impossibile da dire.
Quel poco di sospensione dell'incredulità che potrebbe ancora sopravvivere viene annichilita dalla scelta dei cattivi; dovendosi adeguare ai B-Movies anni '50 ed al tempo trascorso, non ci sono più nazisti o sette di adoratori di Kalì, bensì i Sovietici; ed ancora ci si chiede come sia possibile che una dittatura che ha fatto della pura razionalità e della distruzione di ogni superstizione un imperativo, abbia istituito un commando per le operazioni sovrannaturali.
Di tutti questi interrogativi non c'è risposta, così come non ce ne alcuna con riguardo a chi è da imputare la responsabilità per un tale scempio. Da buoni ciarlatani, Spielberg e Lucas hanno cominciato a fare scaricabarile a vicenda già all'indomani dell'uscita del film in sala. E a sentire Spielberg, le idee peggiori le ha avute Lucas, comprese quella degli alieni e del frigo a prova di bomba atomica.
Forse la verità è un'altra ed è molto più semplice: Spielberg e Lucas, in quel 2008, altro non erano se non l'ombra dei cineasti che furono, due vecchi ormai privi di talento e voglia di stupire; ecco perché tra idee idiote ed una messa in scena insopportabile, il quarto Indy è un film trash in piena regola; per di più talmente squallido da non indurre neanche al riso e per questo un fallimento anche come pellicola trash.



Cercare qualcosa di buono in questo disastro è inutile. Semmai, "Il Regno del Teschio di Cristallo" può essere visto come un monito a quanto in basso sia in grado di scendere Hollywood quando i suoi progetti più ambiziosi vengono affidati a persone senza talento, pur quando queste sono gli originali fautori degli stessi. Ed è ironico il fatto che sia uscito nella stessa estate di "Iron Man", altro esempio di pessimo cinema di intrattenimento destinato a divenire un trend.

6 commenti:

  1. Mi costa molto doverlo ammettere ma questo è stato uno dei passi falsi più deludenti da parte di Spielberg.

    Non doveva continuare la trilogia ma ahimé ormai la frittata è stata fatta.

    Su "Iron Man" ci andrei cauto dato che è uno dei migliori lavori della Marvel, decisamente superiore a tanti altri film della stessa casa venuti successivamente.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Hai ragione. Indiana Jones è figlio del postmodernismo anni '80, perso quello non ha senso.

      Su "Iron Man" non concordo per i motivi che ho esposto nella recensione.

      Elimina
  2. Probabilmente è il peggior film di Spielberg... Penso di averlo visto solo una volta, da tanto mi ha deluso :(

    RispondiElimina
    Risposte
    1. La seconda volta fa meno schifo perchè il cervello sa cosa aspettarsi.

      Elimina
  3. Ha l'incredible merito di aver messo d'accordo quasi tutti sulla sua bruttezza, anche se alcune leggende narrano vi sia qualcuno che lo difende.
    Just to know, il vero Indy 4 esisteva già e si chiama Fate of Atlantis, questo "fake" può accasarsi nell'oblio al quale mi sembra sia già finito.
    E sempre in ambito videoludico si era già esplorato un Indiana da Guerra Fredda, ma in modo più convincente (La Macchina Infernale). Ecco, data la virtuale imperitura dell'età del protagonista, possono i videogiochi essere l'unico futuro plausibile del personaggio? Peccato Disney non ci veda da questo aspetto, preferirebbe piuttosto un futuro da James Bond, ossia con l'attore che cambia ogni tot anni, ma è innegabile che il personaggio è troppo legato al carisma del fu Harrison Ford. Chissà che l'imminente film si Han Solo non sia in realtà una sorta di banco di prova in tal senso, purtroppo Disney è troppo avara per rinunciare ad un franchise del genere.

    La cosa ironica è che abbiano scelto questo scempio dopo qualcosa come una ventina sceneggiature, immagino le altre.
    La delusione per me, classe 1986 e che quindi non ha mai potuto vedere un Indiana Jones al cinema, ma solo su consumatissime cassette, in quel 2008 fu senza pari, anche se ero già abbastanza maturo da sentirne la puzza ancor prima di entrare in sala.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ti capisco, anch'io nel 2008 restai scioccato, al punto di dare ragione agli autori di "South Park" quando fecero l'episodio su Spielberg e Lucas che "stuprano l'infanzia".

      Su "Fate of Atlantis" ho fatto un breve cenno nella recensione de "L'Ultima Crociata": ottimo gioco, storia appassionante, che ha anche alcune tematiche in comune con il quarto film, ma le declina decisamente meglio.
      E pensare che hanno persino scartato uno script di Frank Darabont che si dice fosse incredibile.

      Un Indy 5 è in produzione da anni, oramai è una vera e propria leggenda metropolitana. Impossibile, come dici tu, vedere qualcun altro nei panni di Indiana Jones.

      Elimina