mercoledì 3 gennaio 2018

The Disaster Artist

di James Franco.

con: James Franco, Dave Franco, Allison Brie, Ari Graynor, Jackie Weaver, Seth Rogen, Zac Efron, Paul Scheer, Josh Hutcherson.

Commedia/Biografico

Usa 2017

















Chi è Tommy Wiseau e come è riuscito a creare "The Room"? Quesiti senza risposta. Perchè Wiseau è davvero un uomo del mistero, come il suo aspetto paragrottesco suggerisce: nessuno sa da dove venga, se il suo nome sia uno pseudonimo o meno, nè dove abbia trovato gli oltre sei milioni di dollari utilizzati per creare quello che è comunemente definito il peggior film di tutta la Storia dell'Essere Umano.




"The Room" è il classico esempio di "so bad it's good", anzi l'esempio definitivo: non c'è un solo aspetto, inquadratura o linea di dialogo che possa essere definito come riuscito per tutta la sua durata. Persino in quel mucchio di film solitamente amato dai movie-junkers c'è sempre almeno qualcosa di apprezzabile; in "Troll 2" ci sono un paio di inquadrature decenti, nei film di Uwe Boll almeno c'è l'avvenenza delle attrici e i volti noti sprecati, in tanto cinema spazzatura italiano c'è, il più delle volte almeno, una forma di dignità data dalla decenza (sfiorata) dai valori produttivi. In "The Room" tutto è pura spazzatura: lo script ridicolo e superficiale, gli attori cani anche quando si sforzano di essere credibili, le scenografie scarne con un green-screen che fa somigliare quelli di Lucas a scenografie di Tony Masters, i dialoghi senza senso; e su tutto la presenza di Wiseau: se Boll è il "Kubrick della merda", Wiseau è l'Orson Welles della merda, che scrive, dirige, produce ed interpreta il "Quarto Potere" del trash involontario.





Ma cos'è, innanzitutto, o cosa vuole essere "The Room"? Sembrerebbe un classico film indie dei primi anni 2000, quando ancora lo stile hipster non si era imposto ed il cinema americano si rifaceva ancora ai dettami del cinema europeo o del teatro della prima metà del '900 per cercare un registro intimista in grado di rendere personaggi e situazioni credibili e coinvolgenti. Il che, nelle mani di Wiseau, diviene perfetto mezzo comico. L'autore-demiurgo non riesce a padroneggiare nessuno degli elementi filmici, dalla scrittura alla messa in scena, con conseguenze ilari.
La sceneggiatura sviluppa malamente una storia ovvia e stravista: Johnny, ossia Wiseau, è un uomo (?) tranquillo e ben voluto, impiegato di banca di successo, fidanzato con Lisa (Juliette Danielle), la cui passione è a dir poco esplosiva; ma Lisa è una ragazza fin troppo volitiva, al punto di tradire il buon protagonista con il suo migliore amico Mark (Greg Sestero), il che porta lo porta ad una forte crisi interiore.




A leggerla così, sembrerebbe la storia più innocua dell'Universo, nonchè uno spunto interessante per un possibile omaggio al cinema della Nouvelle Vague. Se non fosse che tutto viene eseguito in modo rovinoso. Il ridicolo trasuda da ogni fotogramma: tutti i personaggi secondari sono memorabilmente ridicoli, come il ragazzino guardone inguaiato con uno spacciatore che viene trascinato da Johnny e Mark fuori dal piano dell'esistenza, sparendo tra una scena e la successiva; oppure la coppia di amici che ha una scena di sesso orale sul divano dell'appartamento del titolo che sembra uscita da un cinepanettone; o la mitica scena in cui la madre di Lisa le confessa di come abbia scoperto di avere un cancro al seno, parlandone come se si trattasse di un semplice raffreddore; e che dire della scena in cui, non si sa per quale motivo, tutti i personaggi maschili indossano uno smoking e giocano una partita di football in un vicolo? O delle imbarazzanti sequenze di sesso tra Johnny e Lisa? Di quel "chip chip chip chip" usato più volte come verso del pollo? Di quei dialoghi recitati in fast-forward e senza la benchè minima enfasi? O degli orrori tecnici, con scene in cui il doppiaggio non coincide con il labiale, lo sfondo è appiccicato all'inquadratura dal vivo con lo sputo e le singole inquadrature sono infilate a caso nel montaggio?
Ma su tutto svetta ovviamente Wiseau.




La sua sola presenza su schermo è imbarazzante ed un pò sinistra; con quel volto che sembra una parodia di Brad Durif con il make-up di Grima Vermilinguo fuggito di gran lena dal set de "Le Due Torri" ed un fisico emaciato ma muscoloso come quello di un tossico palestrato, Wiseau sembra un vero e proprio alieno sceso sulla Terra che non riesce a sembrare umano neanche sforzandosi; e ciò anche senza tenere in conto il suo pessimo (non) stile recitativo; è vero che i dialoghi sono pura cacca e persino Laurence Olivier e Marlon Brando avrebbero faticato non poco a recitarli in modo credibile, ma lui in compenso non si sforza neanche di provarci: non ci sono vere emozioni, nè la capacità di trasmettere qualcosa; su schermo, Wiseau è la parodia di un essere umano, con effetti a dir poco spiazzanti prima ancora che divertenti.




La cosa peggiore è che questo strambo Wells della spazzatura è totalmente convinto di poter essere un autore; e forse lo è per davvero: dopotutto il suo è uno stile immediatamente riconoscibile e tutto quello che si vede su schermo è pura farina del suo sacco, pur essendo farina scaduta.
Ed i numi tutelari ai quali Wiseau si rifà sono a dir poco aulici; su tutti, James Dean ed il suo personaggio di "ribelle senza causa" e, prima ancora, vittima degli affetti, citato in uno dei momenti cult del film, dove Johnny esclama la mitica "you're tearing me apart, Lisa!". Il che porta ad una più forte considerazione: per lungo tempo, Wiseau ha sostenuto come "The Room" sia un'opera totalmente seria, il parto artistico di una mente brillante ed impegnata, dando sfoggio della sua proverbiale modestia; al punto di denunciare tutti quegli youtuber che hanno osato prendersene gioco, su tutti Nostalgia Critic, che per un periodo ha dovuto cancellare la sua recensione del film per false accuse di infrazione del copyright. Salvo poi decidere di affermare come tutto non fosse che uno scherzo, una parodia dei film impegnati visti e stravisti nei festival, il che per cercare di recuperare una forma di credibilità una volta che il suo aborto artistico ha ottenuto una forma di riconoscimento, anche se solo come film scult.
Dove sta la verità? Sicuramente nella prima versione dei fatti: l'umorismo nel film è sempre involontario e la goffaggine è talmente marcata e presente in tutti gli aspetti da non far mai pensare ad una versione iperbolica del cinema dei sentimenti. "The Room" è semplicemente una trashata tout court, un film che vuole essere arte ma che è solo pura e semplice spazzatura; spazzatura divertente, ottima per passare una serata tra amici, al punto che il suo status di scult e persino quello di cult sono perfettamente meritati; ma pur sempre una trashata.




Restano lo stesso gli interrogativi su chi sia davvero Wiseau e come abbia fatto a trovare i soldi per realizzare il suo sogno; stando alle sue storie, è nato a Parigi ma cresciuto a New Orleans, da qui il suo strano accento; ed ha trovato i fondi grazie ad uno zio che glieli ha lasciati in eredità, neanche si fosse in un libro di Henry James. La versione più credibile è però quella che lo vede in realtà come un immigrato di origini polacche che ha fatto fortuna negli States lavorando sodo, anche se nessuno sa davvero come abbia racimolato ben sei milioni di dollari.
Mistero che non trova risposta neanche nelle pagine di "The Disaster Artist", libro scritto da Greg Sestero dopo l'esplosione del caso di "The Room", dove confessa la sua esperienza sul set, narrando aneddoti e fatti ancora più allucinanti di quelli mostrati dal film, utili a ricostruire un quadro psicologico, illuminante pur se parziale, di Wiseau.
E a portare su schermo "The Disaster Artist", con un ottimo successo di critica davvero meritato, ci pensa James Franco, ossia colui che ad inizio carriera aveva prestato il proprio volto ad una bella biografia su quel James Dean tanto amato da Wiseau e che più volte si è addentrato nei "dietro le quinte" di pellicole di culto, come con "Interior. Leather Bar", splendido documentario sulla leggendaria versione integrale di "Cruising", il capolavoro maledetto di William Friedkin. E che proprio grazie al suo lavoro sul biopic su Dean ha ottenuto la benedizione dello stesso Wiseau.
"The Disaster Artist" è un gustoso esempio di "cinema sul cinema", una specie di "Effetto Notte" basato su di una storia reale, che ha per oggetto la lavorazione di un "Vi presento Pamela" che odora di immondizia.





Ma prima ancora di essere una ricostruzione dei 50 e passa giorni di lavorazione di "The Room", "The Disaster Artist" è la storia di una stramba amicizia, quella tra Greg e Tommy, due ragazzi che inseguono un sogno, quello di Hollywood, solo per trovare porte sbattute in faccia; e che senza perdersi mai davvero d'animo, decidono di seguire il sentiero americano e creare un proprio film.
Un'amicizia fuori dal comune, la loro; Tommy è letteralmente sbucato fuori dal nulla con un pozzo di soldi ed una volontà ferrea, che lo porta a non curarsi delle critiche, nè della mancanza di talento; un personaggio che James Franco interpreta similmente a quanto fatto da Kurt Russell nel biopic su Elvis diretto da John Carpenter: un'immedesimazione totale e l'uso dei tic e delle frasi che lo hanno reso famoso su schermo adoperati anche nella vita quotidiana, fino a sopprimere la linea di demarcazione tra la persona ed il personaggio.



Un personaggio un pò Ed Wood di Burton, un pò Riggan di "Birdman", Wiseau è un "artista" che ha il cuore accordato, ma non la testa: del tutto privo di talento, si butta a capofitto nella recitazione e nella regia, mette a nudo i suoi sentimenti, si mette in gioco sperperando i propri misteriosi fondi pur di ottenere l'amore del pubblico ed il rispetto di Greg. L'amicizia tra i due è il leitmotiv della lettura che Franco da al personaggio, un'amicizia che permette di tracciare un quadro completo del personaggio di Tommy: un uomo che si illude di essere giovane, che non vuole confessare la sua vera identità, che si identifica in Dean e Brando, ossia nei giovani ribelli, pur dimostrando un età avanzata; e che è pronto a tutto pur di realizzare la sua visione di cinema, una visione netta e definita, che ha come fonti di ispirazione Tennessee Williams e Shakespeare, oltre che spunti autobiografici; ma che, ovviamente, non si concretizza mai in ciò che si vorrebbe effettivamente portare su schermo.
"The Room" si rivela un fiasco, una schifezza delirante lontana anni luce dall'intensità drammatica e drammaturgica che il suo scalcinato autore aveva immaginato. E da qui, un'ulteriore realizzazione: non basta volere qualcosa per ottenerla, serve del talento, schiaffo morale a quella visione tipicamente americana secondo cui chiunque può fare qualsiasi cosa pur credendoci. E, di conseguenza, una salvezza insperata: il successo arriva per una via traversa, "The Room" viene acclamato proprio per la sua bruttezza, rivelandosi un ottimo successo di cassetta, pur se tardivo; e Wiseau può, nelle parole di quell'unico amico, essere soddisfatto di aver creato qualcosa che regala pur sempre un'emozione a chi la osserva.




Un lettura benigna, quella di Franco, visibilmente affascinato da questo grottesco personaggio; ma mai idealizzante: Wiseau viene sempre descritto come un egoista, un uomo volitivo che si fa in quattro per ottenere il riconoscimento da parte di Greg e di chiunque lo osservi, che vuole essere sempre e solo protagonista della storia, anche quando ha un volto ed una fisicità da villain; una specie di bambino senza età, la cui semplicità è puro egocentrismo. Ma anche altruismo e necessità di accettazione.





E nel portare in scena questa storia di amicizia e fallimentare trionfo, Franco usa un registro dimesso, messo preciso di quello mostrato in "Child of God" sia nella messa in scena che nei toni; si affida, come sempre, al cast, regalando camei d'autore a Melanie Griffith, Sharon Stone, Bob Odenkirk e Bryan Cranston, tra gli altri, oltre che allo stesso Wiseau, che in una gustosissima scena post-credits incontra il suo alter ego filmico. Ed è il tono di complicità e compassione che alla fine rende il tutto memorabile, anche se prevedibile.




"The Disaster Artist" è quasi un atto d'amore verso un personaggio troppo sopra le righe per essere vero, eppure incredibilmente umano nelle sue debolezze. Un ritratto divertente, a tratti squisitamente coinvolgente, definitivamente affascinante nel tono, oltre che nei contenuti.

Nessun commento:

Posta un commento