mercoledì 25 aprile 2018

Loro 1

di Paolo Sorrentino.

con: Tony Servillo, Riccardo Scamarcio, Kasia Smutniak, Elena Sofia Ricci, Fabrizio Bentivoglio, Ricky Memphis, Iaia Forte.

Italia, Francia 2018


















Una piaga, un uomo che è stato in grado di distruggere ("fottere" come piace scrivere alla stampa estera) un intero paese pur di salvare sè stesso ed i propri interessi, un bugiardo indefesso, un mafioso, un edonista spinto, un egocentrico irredento, misogino per formazione e per scelta di stile di vita, dotato di una sessualità vorace e dedito al culto della propria persona sino all'ossessione, un miliardario corrotto e corruttore, figlio del più grande tesoriere della P2, falso self-made-man che si è arricchito grazie agli agganci politici e alle amicizie equivoche solo per poi divenire il leader assoluto d'Italia, trasformare il suo mal costume personale in quello dell'intera nazione, distruggerne l'economia ed il ruolo in Europa ed in Occidente in generale, farla regredire ad uno stato pre-fascismo, istupidirne le masse con la tv spazzatura, distruggerne l'apparato giudiziario per evitare a sè e ai suoi compagni la galera, fino a massacrare un'intera generazione di giovani e meno giovani i quali, a causa della pessima congiuntura economica dovuta agli strafalcioni dei suoi governi, sono stati costretti ad emigrare all'estero per divenire gli sguatteri dei propri coetanei più ricchi e più fortunati.
Questo è stato, è e sarà sempre Silvio Berlusconi, una pustola febbricitante, un parassita attaccato all'Italia che ne ha risucchiato la linfa vitale sino a ridurla ad un cadavere, alla barzelletta di ciò che fu sino al 1994. Inutile negarlo, deleterio far finta di nulla, falso dire il contrario. Berlusconi è una sciagura vivente, un cataclisma che ha raso al suolo tutto ciò che ha incontrato per la pura affermazione individuale, in virtù di quel culto edonista ed individualista proprio di quel decennio, gli anni '80, che ne ha visto l'ascesa imprenditoriale.





Un uomo su cui ovviamente è stato scritto tutto ed il contrario di tutto: da chi lo attacca senza appello, a chi lo difende strenuamente (per lo più coloro che sono sul suo libro paga); persino al cinema la sua figura ha fatto più volte capolino: da "Ginger e Fred" dell'odiato Fellini al codardo "Il Caimano" di Moretti, passando per le piccole produzioni "Shooting Silvio" e "Ho ammazzato Berlusconi", lo scalcinato cinema italiano ha più volte provato a ritrarne lo squallore ed il pessimo lascito. Ed è ironico il fatto che tali film siano figli dello stesso sistema berlusconiano: da una parte sono prodotti da quella Rai nel cui CDA sedevano i suoi compagni di partito, dall'altra sono comunque prodotti creati all'interno di un'industria in stato di sfacelo anche a causa della distruzione culturale e del sistema nepotistico che Berlusconi ha da sempre sostenuto e foraggiato.




E' ancora più ironico il fatto che a confrontarsi di petto con la sua figura sia ora quel Paolo Sorrentino che aveva trovato un primo successo internazionale con il suo capolavoro "Il Divo", film su di un altro mostro sacro della politica italiana, quel Giulio Andreotti figura satanica della DC ed altro leader supremo della Penisola.
Ma rispetto ai tempi de "Il Divo" Sorrentino è cambiato: l'esperienza con "The Young Pope" lo ha portato a prediligere una narrazione di tipo seriale, da qui la divisione di "Loro" in due parti; senza contare l'incontro non proprio felice con Umberto Contarello, sceneggiatore già delle pellicole di Mazzacurati che con il grande artista napoletano ha scritto "This must be the Place", "La Grande Bellezza" e "Youth", ossia le sue pellicole meno riuscite. "Loro", almeno in questa sua prima parte, appartiene pienamente a questa seconda fase del cinema di Sorrentino, dove ad una forma sgargiante non corrisponde spesso alcuna sostanza.




Ed è bene precisarlo: questa sua ultima fatica risente della forma seriale anche all'interno delle singole parti; tanto che già "Loro 1" può essere diviso in due parti.
Nella prima seguiamo la scalata sociale di Sergio Morra (Scamarcio), al secolo Giampaolo Tarantini, ossia colui che procurava le escort al presidentissimo. Qui Sorrentino si sbizzarrisce: pur bandendo i suoi abituali freak, si diverte a descrivere la politica come un postribolo a cielo aperto, dove un arrivista spregiudicato vuole far parte dei "loro", coloro che contano, fino ad arrivare al capo supremo, "lui".
Un nugolo di personaggi, quelli ritratti, senza né arte, nè parte, che tirano coca come se fosse ossigeno e sono ossessionati dal sesso; puttane e protettori, ma anche ministri e personalità politiche in un girotondo che è quasi un'orgia del potere: non esistono interessi per i "loro" che non siano dati dal sesso o dal potere per il potere, ossia dall'arrivismo spicciolo. Il tutto sullo sfondo di una Roma fantasma, lontana anni luce dalla "grande bellezza".
Peccato che la narrazione sia tutta qui.




Sorrentino costruisce un sistema di simboli fin troppo criptico, quasi come se volesse celare una vacuità totale; non si capisce il perchè dei rimandi faunistici: cosa rappresenta la pecora moribonda? Il popolo italiano che muore un pò alla volta dinanzi alla tv spazzatura? Ed il rinoceronte? La rincorsa folle di Morra verso la vetta? Non è dato saperlo.
Quel che è peggio, il simbolo più forte di tutti viene presto barattato per un puro effetto spettacolare: la pioggia di immondizia nei Fori che sta per bagnare il magnaccia e le sue troie si trasforma subito in una pioggia di anfetamine. Ed è così che comincia la sequenza più barocca ed inutile del film, la lunghissima festa in Sardegna, dove Sorrentino si scatena nel creare immagini decadenti del tutto fini a sè stesse.
Ed è qui che termina la prima parte, quasi il primo episodio di una serie, con Morra deluso dal non aver attirato l'attenzione di Berlusconi.




Fortunatamente è anche qui che comincia la parte più riuscita, dove il "lui" diviene "egli": Berlusconi diviene il protagonista assoluto, incarnato da un Toni Servillo come al solito devoto al metodo Strasberg, totalmente calato nei panni del "nano di Arcore".
Un Berlusconi, quello ritratto, in un momento di riflessione, ossia quando nel 2006 non è stato rieletto immediatamente, quindi prima della schiacciante vittoria nelle elezioni del 2008. Un Berlusconi quasi crepuscolare, ma ancora agguerrito. Sopratutto un Berlusconi maschera del potere che differisce da quel suo ideale predecessore, l'Andreotti de "Il Divo".




Un personaggio da farsa, il Silvio Berlusconi di Sorrentino; non un uomo dalle mille maschere che cela un volto machiavellico, bensì una maschera vera e propria, un personaggetto perso nelle proprie elucubrazioni, attentissimo all'apparenza e bugiardo compulsivo. Non c'è differenza tra il Berlusconi che appare in pubblico, impegnato a sciorinare battute squallide pur di piacere al pubblico e quello che si aggira per la propria villa, in privato. L'orgia del potere si fa farsa del potere, l'eterno presidente si ritrova a fare i conti con il proprio menage familiare: una moglie che non lo ama più ma della quale è bisognoso di attenzioni, un nipotino che plagia al suo sistema di non-valori del tutto immorali, ed ovviamente le accompagnitrici, con la Noemi Letizia giovanissima amante compiaciuta del proprio ruolo di escort di lusso.




Un "secondo episodio" decisamente più riuscito, dove il vertice immorale del protagonista imbriglia perfettamente l'ossessione sorrentiniana per la forma per creare un racconto più solido e coerente. Ed in attesa di "Loro 2", si può solo dare un giudizio parziale su di una pellicola compiaciuta sino al tedio, della quale almeno metà delle scene potevano essere tranquillamente tagliate, in cui solo la seconda parte è davvero interessante e riuscita.

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